CHIARA CAVAGNA, MEMBRO DEL C. d. A. di IFP, ATTUALEMTNE A CASA IN MATERNITA’
Cari amici di IfP,
avevo sempre pensato che oggi sarei stata lì insieme a voi con mio figlio Tommaso di circa un mese. Invece le cose sono andate diversamente: ci è stato chiesto di fidarci della Vita e dei tempi della Natura, e noi, con molta fatica, siamo riusciti a non considerare i calcoli medici per ascoltare il bambino che avevo in pancia e che semplicemente non era ancora pronto per venire a mondo. Oggi non ha ancora due settimane, e i ritmi dei suoi primi giorni di vita mi impongono di restare a casa con lui.
L’esperienza di questo parto, e soprattutto questo fidarsi e scegliere la strada più semplice e naturale, il più lontana possibile dalla massificazione e dalla mentalità del tutto e subito tipicamente occidentale, mi richiama tante altre scelte.
Penso al lavorare di IfP insieme ai popoli impoveriti per migliorare le loro condizioni di vita; penso alle scelte quotidiane di noi occidentali che influiscono sul benessere dei popoli lontani; penso al dovere di educare le nuove generazioni con i valori di solidarietà e condivisione; e penso anche al lavoro in ufficio per Incontro fra i Popoli, alla bella collaborazione che c’è tra noi, allo stile in cui si fanno le cose e all’entusiasmo che porta a realizzare nuovi progetti e piccole e grandi idee.
Tutto questo è intrecciato dallo stesso desiderio di giustizia e di fratellanza, lo stesso che accomuna voi che oggi festeggiate l’operato di IfP e vi interessate dei problemi di coloro che, in Italia o nei loro paesi, chiedono solo che venga data loro un’opportunità per migliorare le loro condizioni di vita, che all’economia mondiale fa comodo che restino misere e senza speranza.
Un caro saluto a tutti voi e a coloro che ci aiutano a realizzare i progetti di sviluppo per cui lavoriamo tanto.
Mestrino, 8 giugno 2008
Chiara Cavagna
ASTRID CHUC, VOLONTARIA A SHABUNDA IN R. D. CONGO
Cari Amici di Incontro Fra i Popoli,
mentre mi godo un meraviglioso tramonto vi scrivo due righe per raccontarvi qualcosa del mio stage in terra africana. Mi trovo in Repubblica Democratica del Congo da ormai un mese e a Shabunda da tre settimane. Non mi dilungherò a descrivere il contesto perchè so che lì con voi ci sono Simon Pierre Yananio e Mirko che sicuramente avranno molte cose da raccontarvi. Vi dico solo che quando dall'aereo ho visto Shabunda in lontananza ho avuto la sensazione di essere veramente nel cuore dell'Africa. In queste prime settimane grazie a Charles e agli altri collaboratori dell'ADR, l'associazione partner di IFP presso la quale svolgo il mio stage, ho avuto modo di conoscere la città e la sua gente e di abituarmi a questa vita così diversa dalla nostra. Come potete immaginare qui i ritmi stressanti tipici della nostra società sono sconosciuti, si vive a stretto contatto con la natura e i suoi tempi. Si possono sì fare programmi ma bisogna accettare il fatto che difficilmente sarà possibile rispettarli alla lettera e anzi spesso ci si troverà costretti a stravolgerli. Una delle prime cose che si notano arrivando a Shabunda ( ma credo un po'in tutta l'Africa) è che le donne sono il vero motore della società. Sono le donne che alle 7 del mattino si mettono in cammino verso i campi, spesso distanti diversi chilometri dalla loro abitazione, sono le donne che nel pomeriggio, dopo una lunga giornata nei campi sotto il sole cocente, fanno ritorno in città portando sulle spalle il frutto del loro lavoro e sono sempre le donne che una volta arrivate a casa devono metterla in ordine, accudire e preparare da mangiare per i numerosi figli e per il marito. Purtroppo alle donne non è riconosciuto il valore che meriterebbero. Spesso gli uomini, come loro stesse mi hanno detto, le considerano poco più che “des objects des travail”. Per fare fronte alle difficoltà molte donne di Shabunda, soprattutto nei difficili anni della guerra, hanno deciso di unirsi in associazioni per aiutarsi reciprocamente all'insegna della solidarietà femminile. Ho già avuto modo di conoscere alcune di queste organizzazioni, di partecipare alle loro riunioni e attività e di ascoltare i loro problemi e loro difficoltà. Con Charles stiamo programmando degli interventi alla Radio Mutanga, l'emissione radio fondata dall'ADR, per sensibilizzare la popolazione sui problemi della donna. Spero che questi interventi possano contribuire alla diffusione di una nuova idea della donna come persona con la sua grande dignità e il suo valore e non strumento di lavoro.
Vi saluto e vi auguro una buona festa.
Shabunda, 8 giugno 2008
Astrid Chuc
P. FRANCO BORDIGNON, SOCIO IFP, ATTUALMENTI A BUKAVU IN R. D. CONGO
Carissimi tutti di IFP,
non potendo essere fra voi fisicamente per la nostra assemblea dell’8 giugno,, voglio esserci per mezzo di queste poche righe.
In questi giorni sto cercando di fare una lettura trasversale della realtà italiana di oggi. Voglio riferirmi alle nuove proposte del governo italiano attuale sul problema degli immigrati, mettendole in rapporto alla situazione congolese.
Non voglio entrare in un’analisi di merito, anche perché non vivo sulla pelle come voi il problema. Ma mi chiedo: se i governi africani, particolarmente il governo congolese, adottassero le stesse misure, o meglio se creassero un’ideologia che rasenta la xenofobia nei confronti delle migliaia di “immigranti occidentali” presenti su suolo congolese e che, pescando nel torbido, svuotano le miniere del Congo, non ne risulterebbe forse un bagno di sangue?
A Bukavu sono presenti una trentina di organismi internazionali umanitari o dell’ONU. Hanno un identikit ben preciso e, salvo qualche differenza, per vari di essi gli uni possono bene valere gli altri, cioè sono anche loro molto spesso solo uccelli rapaci. Che cosa rimarrà alla gente congolese di quanto fanno o fanno finta di fare, una volta che i loro finanziamenti sono finiti o qualche emergenza più lucrosa appare all’orizzonte?
Pensando alla mia Italia, ho l’impressione di essere davanti ad un’immagine di quella parte dell’umanità che nella sua ricchezza esterna rivela la sua profonda povertà interiore.
Purtroppo i governi occidentali devolvono una grossissima percentuale degli aiuti a questi organismi pseudo umanitari, lasciando le opere di sviluppo vero e proprio alla povera Cenerentola, che sono quei gruppi piccoli o grandi, come Incontro fra i Popoli, che agiscono con chiarezza e purezza.
Io penso a voi di Incontro fra i Popoli come ad un gruppo che, nonostante i limiti inerenti ad ogni gruppo, ha fatto sua la vocazione di fare del mondo la propria casa, al di là della differenza di culture o di razze, senza manie di potenza, violenza, di difesa di interessi nascosti e di esclusività.
I vostri progetti di sviluppo, le vostre varie attività di formazione, animazione, coscientizzazione in ambienti a volte difficili o refrattari, nascono dalle gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini di oggi. E’ la conferma che il vostro cuore è diventato la casa del mondo per ogni persona.
Voi date individualmente, collettivamente, ma il vostro dono è perfettamente gratuito. E’ difficile pesare su una bilancia umana il peso del dare o del ricevere. Nessuno, dicono anche i proverbi congolesi, è cosi ricco da non aver bisogno di ricevere niente o cosi povero da non poter dare niente.
Un giorno ho ricevuto il più grande dono della mia lunga vita di missionario in Congo. Una vecchietta, che appena si reggeva sulle gambe aiutate da un bastone, magra che le si potevano contare le ossa, vestita con qualche straccio che non vedeva sapone da varie lune, sola senza figli e senza marito, è venuta a trovarmi per offrirmi un frutto, un avocado. E mi disse: “Questo è il primo frutto dell’albero; vuole essere il mio grazie perché hai animato la comunità cristiana perché mi costruisse la casa”.
La “casa” era una capanna di fango di due metri e mezzo per tre, con pareti di bambù e tetto dell’erba secca. In fianco c’era un albero, appunto l’avocatier, tutto quello che la donna possedeva: per lei era il suo campo, il suo granaio, la sua banca.
Per donare è necessario imparare a ricevere.
Carissimi soci ed amici di Incontro fra i Popoli, vi giunga il mio grazie personale e quello della popolazione congolese per la vostra missione di saper cogliere e partecipare al grido di gioia o di sofferenza espresso in lingue diverse, perché con il vostro lavoro il mondo sia un giorno la casa di tutti, perché tutti sono uguali e fratelli.
Franco Bordignon
missionario saveriano
Bukavu 7 giugno 2008
Cari amici di IfP,
avevo sempre pensato che oggi sarei stata lì insieme a voi con mio figlio Tommaso di circa un mese. Invece le cose sono andate diversamente: ci è stato chiesto di fidarci della Vita e dei tempi della Natura, e noi, con molta fatica, siamo riusciti a non considerare i calcoli medici per ascoltare il bambino che avevo in pancia e che semplicemente non era ancora pronto per venire a mondo. Oggi non ha ancora due settimane, e i ritmi dei suoi primi giorni di vita mi impongono di restare a casa con lui.
L’esperienza di questo parto, e soprattutto questo fidarsi e scegliere la strada più semplice e naturale, il più lontana possibile dalla massificazione e dalla mentalità del tutto e subito tipicamente occidentale, mi richiama tante altre scelte.
Penso al lavorare di IfP insieme ai popoli impoveriti per migliorare le loro condizioni di vita; penso alle scelte quotidiane di noi occidentali che influiscono sul benessere dei popoli lontani; penso al dovere di educare le nuove generazioni con i valori di solidarietà e condivisione; e penso anche al lavoro in ufficio per Incontro fra i Popoli, alla bella collaborazione che c’è tra noi, allo stile in cui si fanno le cose e all’entusiasmo che porta a realizzare nuovi progetti e piccole e grandi idee.
Tutto questo è intrecciato dallo stesso desiderio di giustizia e di fratellanza, lo stesso che accomuna voi che oggi festeggiate l’operato di IfP e vi interessate dei problemi di coloro che, in Italia o nei loro paesi, chiedono solo che venga data loro un’opportunità per migliorare le loro condizioni di vita, che all’economia mondiale fa comodo che restino misere e senza speranza.
Un caro saluto a tutti voi e a coloro che ci aiutano a realizzare i progetti di sviluppo per cui lavoriamo tanto.
Mestrino, 8 giugno 2008
Chiara Cavagna
ASTRID CHUC, VOLONTARIA A SHABUNDA IN R. D. CONGO
Cari Amici di Incontro Fra i Popoli,
mentre mi godo un meraviglioso tramonto vi scrivo due righe per raccontarvi qualcosa del mio stage in terra africana. Mi trovo in Repubblica Democratica del Congo da ormai un mese e a Shabunda da tre settimane. Non mi dilungherò a descrivere il contesto perchè so che lì con voi ci sono Simon Pierre Yananio e Mirko che sicuramente avranno molte cose da raccontarvi. Vi dico solo che quando dall'aereo ho visto Shabunda in lontananza ho avuto la sensazione di essere veramente nel cuore dell'Africa. In queste prime settimane grazie a Charles e agli altri collaboratori dell'ADR, l'associazione partner di IFP presso la quale svolgo il mio stage, ho avuto modo di conoscere la città e la sua gente e di abituarmi a questa vita così diversa dalla nostra. Come potete immaginare qui i ritmi stressanti tipici della nostra società sono sconosciuti, si vive a stretto contatto con la natura e i suoi tempi. Si possono sì fare programmi ma bisogna accettare il fatto che difficilmente sarà possibile rispettarli alla lettera e anzi spesso ci si troverà costretti a stravolgerli. Una delle prime cose che si notano arrivando a Shabunda ( ma credo un po'in tutta l'Africa) è che le donne sono il vero motore della società. Sono le donne che alle 7 del mattino si mettono in cammino verso i campi, spesso distanti diversi chilometri dalla loro abitazione, sono le donne che nel pomeriggio, dopo una lunga giornata nei campi sotto il sole cocente, fanno ritorno in città portando sulle spalle il frutto del loro lavoro e sono sempre le donne che una volta arrivate a casa devono metterla in ordine, accudire e preparare da mangiare per i numerosi figli e per il marito. Purtroppo alle donne non è riconosciuto il valore che meriterebbero. Spesso gli uomini, come loro stesse mi hanno detto, le considerano poco più che “des objects des travail”. Per fare fronte alle difficoltà molte donne di Shabunda, soprattutto nei difficili anni della guerra, hanno deciso di unirsi in associazioni per aiutarsi reciprocamente all'insegna della solidarietà femminile. Ho già avuto modo di conoscere alcune di queste organizzazioni, di partecipare alle loro riunioni e attività e di ascoltare i loro problemi e loro difficoltà. Con Charles stiamo programmando degli interventi alla Radio Mutanga, l'emissione radio fondata dall'ADR, per sensibilizzare la popolazione sui problemi della donna. Spero che questi interventi possano contribuire alla diffusione di una nuova idea della donna come persona con la sua grande dignità e il suo valore e non strumento di lavoro.
Vi saluto e vi auguro una buona festa.
Shabunda, 8 giugno 2008
Astrid Chuc
P. FRANCO BORDIGNON, SOCIO IFP, ATTUALMENTI A BUKAVU IN R. D. CONGO
Carissimi tutti di IFP,
non potendo essere fra voi fisicamente per la nostra assemblea dell’8 giugno,, voglio esserci per mezzo di queste poche righe.
In questi giorni sto cercando di fare una lettura trasversale della realtà italiana di oggi. Voglio riferirmi alle nuove proposte del governo italiano attuale sul problema degli immigrati, mettendole in rapporto alla situazione congolese.
Non voglio entrare in un’analisi di merito, anche perché non vivo sulla pelle come voi il problema. Ma mi chiedo: se i governi africani, particolarmente il governo congolese, adottassero le stesse misure, o meglio se creassero un’ideologia che rasenta la xenofobia nei confronti delle migliaia di “immigranti occidentali” presenti su suolo congolese e che, pescando nel torbido, svuotano le miniere del Congo, non ne risulterebbe forse un bagno di sangue?
A Bukavu sono presenti una trentina di organismi internazionali umanitari o dell’ONU. Hanno un identikit ben preciso e, salvo qualche differenza, per vari di essi gli uni possono bene valere gli altri, cioè sono anche loro molto spesso solo uccelli rapaci. Che cosa rimarrà alla gente congolese di quanto fanno o fanno finta di fare, una volta che i loro finanziamenti sono finiti o qualche emergenza più lucrosa appare all’orizzonte?
Pensando alla mia Italia, ho l’impressione di essere davanti ad un’immagine di quella parte dell’umanità che nella sua ricchezza esterna rivela la sua profonda povertà interiore.
Purtroppo i governi occidentali devolvono una grossissima percentuale degli aiuti a questi organismi pseudo umanitari, lasciando le opere di sviluppo vero e proprio alla povera Cenerentola, che sono quei gruppi piccoli o grandi, come Incontro fra i Popoli, che agiscono con chiarezza e purezza.
Io penso a voi di Incontro fra i Popoli come ad un gruppo che, nonostante i limiti inerenti ad ogni gruppo, ha fatto sua la vocazione di fare del mondo la propria casa, al di là della differenza di culture o di razze, senza manie di potenza, violenza, di difesa di interessi nascosti e di esclusività.
I vostri progetti di sviluppo, le vostre varie attività di formazione, animazione, coscientizzazione in ambienti a volte difficili o refrattari, nascono dalle gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini di oggi. E’ la conferma che il vostro cuore è diventato la casa del mondo per ogni persona.
Voi date individualmente, collettivamente, ma il vostro dono è perfettamente gratuito. E’ difficile pesare su una bilancia umana il peso del dare o del ricevere. Nessuno, dicono anche i proverbi congolesi, è cosi ricco da non aver bisogno di ricevere niente o cosi povero da non poter dare niente.
Un giorno ho ricevuto il più grande dono della mia lunga vita di missionario in Congo. Una vecchietta, che appena si reggeva sulle gambe aiutate da un bastone, magra che le si potevano contare le ossa, vestita con qualche straccio che non vedeva sapone da varie lune, sola senza figli e senza marito, è venuta a trovarmi per offrirmi un frutto, un avocado. E mi disse: “Questo è il primo frutto dell’albero; vuole essere il mio grazie perché hai animato la comunità cristiana perché mi costruisse la casa”.
La “casa” era una capanna di fango di due metri e mezzo per tre, con pareti di bambù e tetto dell’erba secca. In fianco c’era un albero, appunto l’avocatier, tutto quello che la donna possedeva: per lei era il suo campo, il suo granaio, la sua banca.
Per donare è necessario imparare a ricevere.
Carissimi soci ed amici di Incontro fra i Popoli, vi giunga il mio grazie personale e quello della popolazione congolese per la vostra missione di saper cogliere e partecipare al grido di gioia o di sofferenza espresso in lingue diverse, perché con il vostro lavoro il mondo sia un giorno la casa di tutti, perché tutti sono uguali e fratelli.
Franco Bordignon
missionario saveriano
Bukavu 7 giugno 2008
SABRINA E GIANCLAUDIO BIZZOTTO, SOCI IFP, ATTUALMENTE IN ZAMBIA
Carissimo Leo e tutti, a voi europei derelitti e senza speranza un carissimo saluto dallo Zambia. Effettivamente qui grazie alla crescita del Pil del 6% c’è più speranza che non in Italia, ma come sappiamo spesso la speranza sono in pochi ad averla e molti invece non se la possono permettere.
Ci godiamo la nostra Africa con tanto impegno e buona volontà e ogni tanto pensiamo agli amici lontani.
Passeremo per un saluto verso la fine di giugno. Un abbraccio.
Gianclaudio Bizzotto
A volte intingo i miei pensieri nell’inchiostro e poi li stendo su un foglio bianco ed è quello che mi capita ora.
Giusto poco fa ho finito di preparare leccornie per la festicciola di domani. Il nostro bambino compie già 3 anni e li ha tutti trascorsi qui in Zambia ad eccezione di qualche mese di vacanza in Italia. Mi viene ora da pensare alla mia gravidanza, in Zambia anche quella, in un piccolo villaggio remoto e polveroso, con la fortuna di avere un ospedale missionario, in cui allora lavoravamo.
Niente ginecologi che ti vogliono visitare ogni mese a suon di 200 euro alla volta se ti va bene. Niente esami del sangue superflui, ecografie di continuo o amniocentesi perché avevo già passato i 35, flebo di ferro e quanto altro impone oggi la “malattia” gravidanza in Italia. Certo, sono stata super fortunata che la mia gravidanza è stata tranquilla e serena, ho lavorato fino a 3 giorni prima che lui nascesse…..come facevano le mamme di una volta, insomma.
In giro per il villaggio altre “mille” donne incinte mi sorridevano e volevano sempre toccarmi la pancia, perché era davvero così strano vedere una “msungu” incinta. All’ospedale quel giorno sono nati altri 4 bambini ed è stato emozionante fare una foto ricordo assieme alle mie “colleghe neo mamme” zambiane…..
Nicolò e un bambino fortunato, è sano e sempre attivo, allegro. Trascorre per 365 gg l’anno dalle 6 alle 8 ore all’aria aperta, diciamo pure con poco smog, dato che ora viviamo in città. Ha già imparato benissimo l’inglese e anche qualche parola di lingua locale dai suoi amichetti zambiani.
Alla sua festa domani ci saranno appunto loro e altri bimbi dal Sudafrica, dall’Angola, dalla Namibia, dall’Inghilterra e dalla Svezia. Famiglie che vivono qui, ma credo che una varietà cosi di persone raccolte in un piccolo giardino come il nostro, sia davvero una occasione per rinnovare il nostro spirito all’apertura, alla condivisione, perché bene o male questa nostra cerchia di amicizie condivide ogni giorno con i poveri, che non sono sempre e solo coloro che non hanno da mangiare!
Noi cerchiamo di fare del nostro meglio nel lavoro che ci ha portato qui, finalizzato alla promozione delle fasce più povere e deboli tramite il microcredito, degli ammalati di aids con sostegno alle terapie e attività generatrici di reddito, scolarizzazione e preparazione professionale per tantissimi orfani, bambini e ragazzi vulnerabili, un occhio alle foreste e alla produzione di colture alternative, sostegno economico ad ospedali governativi che faticano a tirare avanti….. sono progetti del CeLIM, e siamo fiduciosi che chi semina qualcosa raccoglie…….
Speriamo di essere in grado di trasmette a Nicolò qualcosa di buono dalla nostra vita in Zambia, ma siamo certi che lui è partito col piede giusto.
Zambia, 8 giungo 2008
Sabrina Pettenuzzo
SR. ANTONELLA LAZZARO, SOCIA IFP, ATTUALMENTE IN ARGENTINA
Carissimo Leo e amici di IFP,
vi scrivo da un altro Paese, l'Argentina. Mi trovo a Tucuman in una barrio molto povero, ma ricco di risorse: giovani e gente che si impegna per i più poveri. Le suore qui lavorano da più di 10 anni realizzando un centro di catechesi, di animazione missionaria e un comedor, una mensa per i poveri, bambini e disabili o persone sole. Visitano inoltre i malati donando molta speranza e vicinanza: Dio é vicino perché ciascuno di noi lo può rendere tale. E' l'impegno di tutti noi che vogliamo trasmettere la nostra fede!
Ciò che mi impressiona molto é la violenza che porta in sé l'insicurezza della vita, come il caso di una mamma che uscendo per lavorare venne uccisa con una pugnalata alle spalle inferta da suo marito sulla strada. oppure un bimbo di 9 anni che strangola una piccola di 3. Per non parlare delle ragazze che abitano nei villaggi e che devono percorrere km in semioscurità con il rischio sempre incombente di essere violentate...
La Chiesa qui è molto presente, molto più dello stato e si fa carico dei poveri e della formazione dei suoi membri.
Vi saluto con affetto e vi chiedo di pregare per noi.
vi scrivo da un altro Paese, l'Argentina. Mi trovo a Tucuman in una barrio molto povero, ma ricco di risorse: giovani e gente che si impegna per i più poveri. Le suore qui lavorano da più di 10 anni realizzando un centro di catechesi, di animazione missionaria e un comedor, una mensa per i poveri, bambini e disabili o persone sole. Visitano inoltre i malati donando molta speranza e vicinanza: Dio é vicino perché ciascuno di noi lo può rendere tale. E' l'impegno di tutti noi che vogliamo trasmettere la nostra fede!
Ciò che mi impressiona molto é la violenza che porta in sé l'insicurezza della vita, come il caso di una mamma che uscendo per lavorare venne uccisa con una pugnalata alle spalle inferta da suo marito sulla strada. oppure un bimbo di 9 anni che strangola una piccola di 3. Per non parlare delle ragazze che abitano nei villaggi e che devono percorrere km in semioscurità con il rischio sempre incombente di essere violentate...
La Chiesa qui è molto presente, molto più dello stato e si fa carico dei poveri e della formazione dei suoi membri.
Vi saluto con affetto e vi chiedo di pregare per noi.
Argentina, 8 giugno 2008
sr Antonella Lazzaro
sr Antonella Lazzaro
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