mercoledì 8 aprile 2009

Ho incontrato un eroe. E’ alto un metro e cinquanta ed è musulmano.


Ero convinta che di eroi non ne esistessero più ormai.
Tutto ciò che ha a che fare con l’eroismo l’avevo chiuso in un passato di storie che ascoltavo da bambina; storie nelle quali si raccontava di super uomini con super poteri che compiono super azioni. Storie di uomini forti, mascherati, alti, muscolosi e possenti che combattono con la forza.
E se invece vi dicessi che di eroi ne esistono ancora?
Se vi dicessi che uno di questi eroi è una donna? Si, una donna musulmana, senza maschera né travestimenti, alta si e no un metro e cinquanta, le cui “armi” sono conoscenza, saggezza e dialogo. Se io vi dicessi questo, voi mi credereste?
Io ho dovuto crederci, dopo aver incontrato Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace nel 2003 in visita all’Università di Tromsø mercoledì 25 febbraio 2009.
Shirin è senza dubbio la donna più coraggiosa che io abbia mai conosciuto. E’ l’eroe che pensavo non esistesse più. Il suo carisma, la sua energia e la sua determinazione sono contagiosi. La passione costante ed interminabile che mette giorno dopo giorno nella sua attività di difesa dei diritti umani è ammirevole.
La sua foga ragionata ed il suo impeto pacifico nel diffondere ciò che pensa, sono degni di stima soprattutto quando portati avanti con così tanta fermezza in un paese come l’Iran, che ha minacciato varie volte la vita di Shirin.
Già, perché non a tutti piace quello che gli eroi fanno o hanno da dire. E stato così per Shirin la cui attività di avvocato fu brutalmente attaccata fin dagli inizi. Nel lontano 1980, un anno dopo l’inizio della Rivoluzione Islamica guidata dall’autoritario braccio dell’Ayatollah Khomeini, Shirin fu costretta a lasciare la sua prestigiosa posizione di giudice (ottenuta nel 1969). Dopo vari anni di inattività, nel 1993 Shirin ottenne un permesso per praticare in privato la sua attività legale per la difesa dei diritti umani. Ma neanche questo piacque e così nel dicembre 2008, le Forze Iraniane di Sicurezza distrussero due centri di protezione di diritti umani da lei fondati. Sempre nel 2008, il suo ufficio fu messo sotto sopra e confiscato ed il primo gennaio 2009, 150 uomini perpetrarono atti di vandalismo violento contro l’edificio in cui Shirin vive e lavora distruggendone varie aree. Le forze dell’ordine non intervennero.
Eh già, essere un eroe è difficile e spesso ci si trova da soli.
Ma sapete cosa vi dico? Che Shirin non è sola. Ha milioni di persone che la sostengono da sempre nella sua lotta pacifica per la promozione non solo dei diritti umani ma della verità. Shirin Ebadi ha dimostrato alla comunità internazionale quanto valore abbia la lotta non violenta per le proprie idee e per la difesa di chi non ha voce.
Vengono i brividi quando questa piccola grande donna parla di violazione dei diritti umani, di mancata protezione di donne e bambini, di minoranze (religiose e politiche) e soprattutto di Islam e di religione. E lo fa apertamente e senza timore. Lo fa cosciente di ciò che dice in quanto musulmana. Lo fa senza violenza, ma con furore, senza armi, ma con vigore. Lo fa perché ci crede.
Nel suo ultimo discorso presso il Centro di Studi sulla Pace dell’Università di Tromsø, Shirin ricorda che per raggiungere una pace sostenibile e duratura, dobbiamo partire da noi stessi, dal nostro intimo e poi estenderci alle nostre famiglie, alla società ed infine al mondo.
Sottolinea anche il suo fine ultimo: battersi per la promozione della democrazia, della la pace e dei diritti umani. La sua voce fa eco nella stanza ed un silenzio riflessivo riempie l’aula, quando Shirin dice “Il problema dell’Iran non è l’Islam” che invece molti additano come principale responsabile delle violazioni. “Il problema è la mancanza di democrazia”.
Quanti esempi di profanazione della dignità umana esistono al mondo in paesi non musulmani? Basti pensare alla Repubblica Democratica del Congo, al Sierra Leone, allo Zimbabwe, alla Colombia e chi più ne ha più ne metta…
Combattere l’Islam come fosse esso stesso il nemico è fuorviante.
Bisogna invece, cercare un cammino non violento che metta in prima linea il rispetto di uomini, donne e bambini, la libertà di espressione e di credo. La verità e la democrazia. E se vogliamo fare questo “bisogna essere intrepidi ed avere un coraggio a tutta prova” (Gandhi).
Martina Savio