mercoledì 26 agosto 2009

La democrazia

George W. Bush è stato una specie di superprofeta. A differenza di quasi tutti i profeti, infatti, aveva il potere di influenzare il futuro perché rispettasse le sue profezie. Dopo l’11 Settembre, quando il presidente statunitense disse “Chi non sta con noi sta con i terroristi”, molti di noi l’hanno preso in giro, rifiutando di fare una simile scelta. Non volevamo scegliere tra George e Osama, tra l’occupazione statunitense dell’Afghanistan e il folle medioevo talebano, tra l’occupazione statunitense dell’Iraq e le feroci milizie islamiche che la combattono. La “guerra al terrore” ha creato un clima che ha permesso ai governi di tutto il mondo di approvare nuove leggi antiterrorismo per la sicurezza nazionale. Leggi in cui la definizione di “terrorista” è così vaga e ampia da poter essere applicata praticamente a chiunque. In vari paesi, nascoste dietro il linguaggio della “guerra al terrore”, sono state ripresentate con rinnovato entusiasmo vecchie divisioni manichee.
In Palestina la popolazione deve scegliere tra Hamas e l’occupazione israeliana. In India, tra il nazionalismo indù e il terrorismo islamico, tra le razzie delle multinazionali e la guerriglia maoista. In Kashmir, tra l’occupazione militare e le cellule militanti islamiche. Nello Sri Lanka, tra uno spietato stato singalese e le sentenze di morte delle Tigri tamil.
I popoli non dovrebbero essere costretti a compiere nessuna di queste scelte. Eppure sono sempre meno le persone che possono dire: “Non stiamo né con voi né con i terroristi”. Chi ha ancora questo privilegio e lo esercita, rischia di perdersi in un esercizio di pura compassione o nelle pallide banalità dei discorsi sui diritti umani, che con l’equidistanza morale tolgono urgenza politica e concretezza a queste battaglie che sono politiche, urgenti e molto concrete. Anche chi rifiuta la violenza sa bene che non si possono mettere sullo stesso piano la brutalità di un esercito dì occupazione e quella di chi gli oppone resistenza, oppure la violenza dei diseredati e quella degli approfittatori, la violenza del capitalismo delle multinazionali e quella delle comunità che lo combattono.
Anche se la propaganda sulla “guerra al terrore” vorrebbe spingerci a fare di ogni erba un fascio, è ovvio che non tutte le lotte armate sono uguali. Alcune sono di massa e, almeno di nome, rivoluzionarie. Altre no. Alcune sono apertamente sessiste e decisamente retrogade.
Nel complesso, però, non esiste qualcosa che si possa definire una lotta armata “gentile” o compassionevole.
Ci sono sempre spargimenti di sangue. C’è sempre una gran puzza. E’ così se si combatte.
Quando, sentendoci a disagio di fronte ai massacri, diciamo: “Non stiamo né con voi, né con i terroristi”, corriamo il rischio di sostenere lo status quo. D’altra parte, se rinunciamo a quella posizione, rischiamo di diventare sostenitori acritici della sottomissione delle donne, delle decapitazioni pubbliche e degli attentatori suicidi, o di chi promuove una visione del mondo ristretta, da incubo.
E’ più importante che mai criticare quelli di cui sosteniamo le battaglie, di cui capiamo la rabbia, ma di cui rifiutiamo i metodi e le idee. Al tempo stesso, dobbiamo sempre tenere presente che in una zona di guerra ogni paragrafo, ogni frase che pronunciamo verrà saccheggiata e sfruttata per la propaganda delle due fazioni rivali. Con conseguenze che possono rivelarsi spiacevoli. Il silenzio, però, non è una scelta possibile.

Da INTERNAZIONALE 794, 8 Maggio 2009

sabato 8 agosto 2009

Martina Savio da Kampene (R. D. Congo)

Ciao a tutti di IfP,
Sono arrivata a Bukavu domenica 2 agosto dopo 3 splendide settimane passate nel villaggio di Kampene - Prov. del Maniema - dal quale non volevo più venir via.
Questo piccolo angolo di mondo è sbucato dalla foresta equatoriale dopo 9 ore di moto (da Kindu, distanza 149 km...no comment) che hanno incluso:
- 1 ora di "panne" per foratura pneumatico posteriore (riparato con 500 FC+una bottiglia d'acqua potabile),
- 30 minuti di "panne" per rottura freccia posteriore destra (riparata con il mio elastico per capelli),
- 30 minuti di "pause" in un villaggio dove ci hanno offerto del vino di palma (offerta declinata gentilmente causa mosche affogate nel vino stesso...)
Ottima esperienza quella di Kampene, davvero indimenticabile. All'indomani del mio arrivo un gruppo di donne è venuto a darmi il benvenuto portandomi di fronte casa dei doni: "Martino", il pollo così chiamato in mio onore, riso e uova. In 3 settimane ho formato un pollaio, e non dico per scherzo ma sul serio, c'erano Martino, "l'Ovaiola" (gallina che mi hanno regalato altre donne e che ha deposto un uovo mentre aspettavo di rientrare in casa, da qui il nome), e "Galletto", putroppo deceduto per cause sconosciute dopo qualche giorno. Ho rifornito le riserve di riso di Mariuccia (in media erano 2 kg di riso ogni 2 giorni), e ho fatto felici una 20ina di bambini regalando loro pezzi dei 2 metri e mezzo di canna da zucchero regalatami da alcuni contadini.

Dati per la tesi ne ho raccolti a bizzeffe, ho intervistato individualmente 42 bambini, ho chiesto loro di disegnare la miniera e di rilasciare un video-messaggio per il Presidente Kabila (attività che è piaciuta molto). Inoltre, ho avuto "l'onore" e la fortuna di intervistare personalmente il Ministro delle Miniere del Maniema nonchè il Comandante della Polizia Mineraria di Kampene e il proprietario della mieniera dove ho condotto le ricerche. E' stato duro perchè ogni visita richiedeva 1h. - 1h.e mezza di camminata in mezzo alla foresta in cui di sentieri tracciati non si vedeva nemmeno l'ombra. Il primo giorno ho dovuto abbandonare per un mal di testa assurdo e mi sono scusata così: "Niko muzungu. Je suis pas habituée à ça" (Sono una bianca. Non sono abituata a questo). Gli altri giorni sono filati lisci.

A Kampene sono stata accolta in maniera unica da Mariuccia (laica italiana in RDC dal 1982) che mi ha messo a disposizione vitto e alloggio senza problemi. Abbiamo fatto frittelle, crepes, pizza, pane, empanadas de queso (come dimenticare il mio background latino-americano...), panzerotti etc. Abbiamo passeggiato per il villaggio e mi sono state offerte talmente tante capre che ho perso il conto. Insomma, è stato meraviglioso. Peccato andarsene.
Chance e Sadiki di ASDI-Kampene hanno funto da traduttori e autisti, e la loro performance è stata ottima. Sono proprio due bravi ragazzi. Concluse le ricerche ho riservato 3 giorni per la visita di ASDI stessa per conto di IfP. Ho visitato delle OB inquadrate da ASDI, degli étangs piscicoles, l'ufficio, etc. Ho preparato un rapporto ma lo invio a Leo dall'Italia dove la connessione è migliore di questa.

Bene, ora vado a cenare con lenga lenga in padella, finocchi alla mediterranea (ricetta inventata su due piedi oggi ma che ha un aspetto buonissimo) e un po' di mikate.
Un abbraccio a tutti,
pace,
Martina