giovedì 23 ottobre 2008

da Marta Berlingeri, stagista a Bukavu , lì 22 ottobre 2008












Salve a tutti di IFP,

sono una studentessa di Cooperazione e Sviluppo attualmente in stage presso il Comité anti Bwaki (CAB) grazie ad Incontro fra i popoli. Mi trovo qui in Sud Kivu da ormai un mese e mezzo.

Ogni giorno affianco gli animatori del CAB nelle molteplici attività presso i villaggi fuori Bukavu: incontriamo i gruppi femminili, i comitati di sviluppo ed i gruppi di giovani per aiutarli a meglio organizzarsi tra loro per creare attività commerciali, per sfruttare le loro terre, per conoscere i propri diritti e per migliorare le loro condizioni di vita. Cerco il piu possibile di partecipare alle animazioni anche se la lingua è un grosso ostacolo. Comunque tutto il personale del CAB è sempre molto disponibile a tradurre cio che dico e ad insegnarmi lo Swahili.

Abituarmi a tutta questa povertà ed insicurezza generale è stata dura.

Le guerra in teoria dovrebbe essere finita da un po di anni ma in alcuni villaggi regna l’insicurezza, l’impunità, la violenza ed i saccheggi ad opera di gruppi armati governamentali e non. Tutto cio demotiva i contadini e provoca spostamenti di famiglie verso la citta o altri villaggi.

Comprendere la sofferenza di questo popolo vivendo con loro la quotidianità è davvero un altra cosa. Spesso con gli animatori resto 2-3 giorni nei villaggi pernottando in case senza elettricità, cucinando con il carbone a legna come fanno quasi tutti in RDC... il mio spirito di adattamento raggiunge livelli inaspettati.

Ogni giorno mi arricchisco di esperienze nuove ed incredibili, mi confronto con realtà profondamente diverse dalle nostre. Mi affeziono sempre piu a tutto lo staff del Comité anti Bwaki che mi ha accolto con tanta gentilezza e alle mamans dei gruppi femminili che sono sempre contente quando vado a trovarle.

Con qualche foto vi mostrerò qualche attività a cui ho partecipato in questo periodo. Marta

giovedì 2 ottobre 2008

"A Parma soprusi ogni giorno"

Intervista a Jean Claude Didiba socio di Incontro fra i Popoli e segretario generale dell’Associazione Amici d’Africa di Parma

Jean Claude Didiba, segretario generale dell'Associazione Amici d'Africa di Parma, parla del caso di Emmanuel Bonsu: "Non ho dubbi che si tratti di un caso di razzismo. La situazione per noi stranieri sta peggiorando sempre di più"di Carlotta SistiIl clima è teso nella comunità africana di Parma, e lo si capisce dal tono con cui Jean Claude Didiba, segretario generale dell'associazione Amici d'Africa parla del caso di Emmanuel Bonsu. È agitato, parla in fretta, la voce è quasi affannata, le parole sono pesanti: persecuzioni, maltrattamenti, violazione dei diritti. Questo ogni giorno, secondo Didiba, che porta a esempio un episodio accaduto a lui stesso in mattinata: "Io abito a San Secondo e come ogni mattina alle 8 meno cinque accompagnavo mio figlio a scuola. Sull'auto ho il contrassegno per gli invalidi, per il bambino. Ho parcheggiato vicino alle bancarelle del mercato, com'era mio diritto, ma due vigili appena mi hanno visto si sono avvicinati per farmi allontanare. Senza chiedermi nulla, senza dirmi nemmeno "buongiorno": per loro dovevo sloggiare. Io ho risposto che prima di tutto si saluta, poi si domanda se c'è una ragione per cui ho parcheggiato lì, infine ho detto che avevo a bordo il bambino e che avevo il contrassegno. Mi hanno chiesto "Che c'entra il bambino con gli invalidi?" Ecco, cose del genere succedono di continuo".Parla di Parma, Jean Claude, che "Dovrebbe essere una città europea, e invece è chiusa, barricata, spaventata dagli stranieri, che devono essere emarginati". La rabbia accumulata di un immigrato che in 8 anni di vita a Parma non ha mai smesso di sentirsi tale, e che oggi con il caso di Emmanuel esplode: "Non ho dubbi che quello che è successo al giovane ghanese sia un atto di razzismo e xenofobia. L'ennesimo, ma stavolta almeno denunciato e fatto vedere all'opinione pubblica. La situazione per noi sta peggiorando, soprattutto con questo nuovo governo. Io mi definisco apolitico ma non posso far finta di non vedere che negli ultimi mesi c'è una caduta libera della tutela dei diritti di noi stranieri".
Quella busta, poi, con la tristemente celebre scritta "Emmanuel negro" lo turba più di tutto: "L'ignoranza è di per sé una cosa terribile, ma diventa inaccettabile da parte delle forze dell'ordine. Sono sincero: non so per quanto ancora potremo sopportare tutto questo. Non vorrei usare la parola rivolta ma.". Non ci sarà una rivolta, non nell'immediato almeno, nei piani di Jean Claude Didiba, ma una protesta pacifica sì: "È tutto il giorno che faccio telefonate alla comunità camerunese, a quella del Burkina faso e ovviamente alla comunità ghanese di Parma. Entro sera decideremo quando e come muoverci".

01 ottobre 2008 - Da Repubblica.it

Caro Didiba, ho letto il tuo articolo. Come sempre sei molto esplicito e chiaro.
Al di là di ogni tipo di protesta pubblica pacifica che vorrete intraprendere, vi consiglio anche un'azione di richiesta di “sicurezza” nei termini della legge, dalla dichiarazione dei diritti umani, alla costituzione, fino alle leggi ordinarie che potrebbero interessare i singoli vostri casi di sopruso. Anche i “nuovi cittadini” hanno diritto alla sicurezza e, visto che questo governo ha come priorità di garantire ai cittadini la 'sicurezza' (intesa come protezione degli italiani contro i “nuovi intrusi stranieri”), voi stranieri prendetelo in contropiede, chiedendo anche voi sicurezza dall'ottusità e razzismo degli 'autoctoni', cioè noi italiani. Che la vostra azione sia sempre non violenta, ma decisa, tamburellante quotidianamente, presentata e fatta valere presso tutte le istituzioni pubbliche, dal sindaco ed assessori, ai vigili urbani, alla polizia, carabinieri, onorevoli; ed anche enti privati come scuole, parrocchie, gruppi di Azione Cattolica, Scout, ecc. Ragioniamo: in una partita di calcio, se una squadra picchia sempre l'altra e l'arbitro è con lei, che farebbe l'altra? Meglio che chi è offeso si rifaccia a chi deve far valere la legge, costringendolo fino all'esasperazione ad applicarla anche in suo favore. Se siete uniti in questo, innanzitutto snervereste le forze dell'ordine ed i tutori della legge, che, come la vedova insistente del Vangelo, ad un certo punto vi devono dare ascolto, ma anche la vostra protesta, punzecchiante come le zanzare che di notte ti infastidiscono e non riesci mai ad ammazzarle, si propagherebbe a tutta la popolazione di nuovi cittadini in Italia.

Ciao Leopoldo Rebellato
(presidente Incontro fra i Popoli)

venerdì 26 settembre 2008

Cittadella (PD) e la Ferrero


TRA POLITICA ED ECONOMIA


a farne le spese sono i poveri


La settimana scorsa è arrivata in tutte le case del comune di Cittadella, su carta intestata dello stesso comune, una lettera che annunciava la diffusione, porta a porta, di un kit di dolciumi della Ferrero.
A proposito di Ferrero ….
“... la Ferrero è la quarta multinazionale del settore dolciumi e cioccolato con un fatturato di 4,4 miliardi di euro e impiega 16.000 persone. Ferrero ha 15 stabilimenti in Europa, Argentina, Australia, Brasile, Ecuador, Stati Uniti e Portorico. L’impresa fa uso di cacao e tè mediante canali commerciali che non danno garanzia di guadagni dignitosi per i contadini. Infatti produce e commercializza anche con paesi del Sud del mondo che violano in maniera grave i diritti umani e dei lavoratori, come nelle piantagioni di cacao del Ghana e della Costa d’Avorio dove lavorano centinaia di migliaia di bambini con mansioni anche pericolose, molti dei quali in condizioni di schiavitù.” Estratto dalla “Mini-Guida al consumo critico” redatta dal “Movimento Gocce di Giustizia”.
“... la Ferrero ha attività in due paradisi fiscali, dove si trovano le sedi delle società che controllano la Ferrero SpA. E’ appurato che appalta all’estero la produzione delle sorprese per la linea Kinder in paesi dove non sono tutelati i diritti dei lavoratori, come la Cina e alcuni paesi dell’Europa dell’Est.” “Estratto dalla piccola guida al consumo critico e responsabile dell’associazione Gaia”.
L’economia che mette al primo posto il profitto (il più alto possibile e da raggiungere velocemente) è uno dei maggiori strumenti di sfruttamento dei lavoratori e una prima causa d’inquinamento ambientale. Questa economia contribuisce a produrre quelle condizioni di estrema povertà che spingono poi miglia di persone, verso i paesi ricchi, come l’Italia, quei paesi che offrono maggiori opportunità di vita per loro e le loro famiglie.
Chi si mette a fianco degli impoveriti della terra e ha il coraggio di spendere una parola sulle loro condizioni e sulle cause di tanti drammatici esodi?
Noi associazioni di Cittadella, da decenni impegnate nella solidarietà e cooperazione internazionale, nel commercio equo e solidale, nell’impegno sociale accanto ai missionari, pensiamo che una politica con la “P” maiuscola, debba tenere alti i valori della solidarietà e della giustizia, più che fare da spalla ad una multinazionale che, come tante altre, svolge la sua attività cercando di farsi pubblicità e aumentare i propri guadagni nella promozione porta a porta, disinteressandosi del rispetto dei diritti umani nella sua filiera produttiva e commerciale.



Associazioni: Stella del Sud, Incontro fra i Popoli e Gruppo Missionario di Cittadella.

Mohammad Yunus a Tromso - Norvegia



“Guardiamo il mondo con occhi-ali diversi:
con gli occhi-ali di Muhammad Yunus”


L’8 e il 9 settembre 2008 sono stati due giorni di fermento per Tromsø, piccola cittadina all’estremo nord della Norvegia con appena 64.782 abitanti, che ha avuto l’onore di ospitare presso la Banca ”Sparebank 1 Nord-Norge” e presso l’Università, Muhammad Yunus, Premio Nobel per la Pace 2006.

<<< title="" style="mso-footnote-id: ftn1" href="http://www.blogger.com/post-create.g?blogID=2072077501614902713#_ftn1" name="_ftnref1">[1].
Il premio Nobel per la Pace fu assegnato per la prima volta nel 1901 a Henry Dunant, fondatore della Croce Rossa, e a Frédéric Passy, un famoso pacifista dell’epoca. Il Premio Nobel per la Pace premia chi si adopera per il mantenimento e il conseguimento della pace e copre diversi ambiti tra cui rientrano anche protezione e promozione dei diritti umani, mediazione di conflitti internazionali e controllo degli armamenti.[2]
Dopo grandi personalità come Wangari Maathai (Kenya), vincitrice del Nobel per la Pace nel 2004 per lo sviluppo sostenibile, la democrazia e la pace; Mohamed ElBaradei, vincitore 2005 per i suoi sforzi nel prevenire gli usi militari dell’energia nucleare e di convertirla per usi pacifici e sicuri [3], nel 2006 è stato il turno di Muhammad Yunus, per aver creato sviluppo socio-economico dal basso.[4] >>>

Era il 1974 quando tutto iniziò, al tempo, Muhammad Yunus insegnava economia all’Università di Chittagong e un giorno decise di “fare un giro” con i suoi studenti presso il villaggio adiacente all’università per vedere come funzionava l’economia dei poveri. Lì scoprì che la gente non riusciva ad ottenere prestiti dalle banche e che le rare volte che li conseguivano, il tasso d’interesse era del 10% a settimana. Ma cosa succedeva in realtà tra questi “poveri” e le banche? Il prestito chiesto era così esorbitante che le banche, per evitare insolvenza, non lo avrebbero mai concesso? Era così elevato per essere ammesso senza un garante sicuro?
In effetti, il prestito non era da poco: era da pochissimo; 27 US$. Non a testa bensì per 42 richiedenti unitisi in una lista sperando di avere più possibilità di fronte alla banca. Così, Muhammad Yunus, esterrefatto, sorpreso, indignato per questa situazione, capì che c’era un’ottica sbagliata nel business, capì che la gente portava gli occhiali sbagliati, avevano messo gli occhiali del profitto e non quelli del sociale. Avevano gli occhi tappati dal guadagno e avevano perso di vista completamente il servizio verso l’altro. Così decise di prendere una posizione forte e si assunse l’incarico di garante per queste 42 persone pensando poi al fatto che se magari fosse lui stesso a prestare i soldi invece della banca, la procedura sarebbe stata molto più snella. E così fece, era il 1976 quando Muhammad Yunus iniziò a dare prestiti ai poveri attraverso la Grameen Bank[5] portando gli occhiali giusti: gli occhiali del servizio. La Grameen Bank concedeva allora prestiti individuali fino ad un massimo di 30 US$. Dieci erano le persone coinvolte ed erano tutte localizzate nel villaggio visitato da Muhammad Yunus e dai suoi studenti nel 1974. Il 20% era composto da donne.
Ora, 2008, la Grameen Bank concede prestiti individuali fino a 300 US$. 7.411.229 sono le persone coinvolte distribuite in 80.678 villaggi. Il 97% è composto da donne.Poi, Muhammad Yunus, vedendo che queste donne iniziavano a crearsi un certo benessere vivendo però in capanne insalubri, avvio dei prestiti speciali per la costruzione di case e dalle 317 case costruite nel 1984 si è arrivati alle 650.839 del 2007. E qui gli si presentò una sfida non tanto economica quanto sociale, i terreni su cui costruire non appartenevano certo alle donne bensì ai loro mariti perciò queste donne, forti e coraggiose, iniziarono a dialogare con i mariti proponendo la costruzione della casa a loro nome, di loro proprietà (e non del marito come vuole tradizione) cosicché si avviò un processo di emancipazione femminile dal basso, duraturo e sia sociale che famigliare. Le donne poi, avendo più possibilità economiche iniziarono ad iscrivere i figli a scuola e ora il 100% della prole delle donne affiliate a Grameen Bank frequentano le scuole.
Un grande cambiamento per un paese come il Bangladesh posizionato al 140° posto dell’ISU[6], paese in cui la speranza di vita alla nascita è di 63 anni (l’Italia è al 20° posto con una speranza di vita alla nascita di 80 anni) e in cui il PIL pro-capite si aggira sui 2,50 US$.
Muhammad Yunus ha fortemente voluto questo cambiamento e per iniziarlo ha messo gli occhiali del sociale, e non li ha più tolti. Ma quello che sorprende sentendolo parlare è la sua fede nel cambiamento, la sua ferma convinzione che “il cambiamento è possibile” se solo si scelgono gli occhiali giusti e si vola. Con la mente. Con il cuore.




di Martina Savio

Tromsø, 11/09/08



[1] http://nobelprize.org/prize_awarders/peace/index.html [11/09/08]
[2] http://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/ [11/09/08]
[3] http://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/2005/index.html [11/09/08]
[4] http://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/2006/index.html [11/09/08]. Nel 2007, il Premio Nobel per la Pace e`stato assegnato ad Albert Arnold Gore Jr. e all`Istituto Inter-Governativo sul Cambio Climatico (IPCC) per aver diffuso la conoscenza sul cambio climatico dovuto all`uomo.
[5] Grameen significa “rurale” o “villaggio” in lingua bengalese. Per maggiori informazioni consultare il sito: http://www.grameen-info.org/

[6] http://bdoza.wordpress.com/2007/12/14/human-development-index-hdi-of-bangladesh-in-un-report/ [11/09/08]. L’ISU, Indice di Sviluppo Umano, è un indicatore di sviluppo costruito sulla base di tre; la speranza di vita, il grado di istruzione e la media del PIL pro capite. L’ISU del Bangladesh è dello 0,547.

giovedì 31 luglio 2008

ARRIVEDERCI SHABUNDA

KWA HERI SHABUNDA

Cari amici di IFP,
torno a scrivervi dalla Repubblica Democratica del Congo. Dopo due mesi e una settimana a Shabunda sono nuovamente a Bukavu. Lasciare Shabunda è stato molto difficile, l'esperienza è stata intensa e mi ha toccata profondamente. Sono tanti i ricordi, le sensazioni, le emozioni che mi accompagneranno sulla via del ritorno e sono tante le persone che porterò nel cuore e alle quali ho promesso di tornare ad agosto del 2009...e una promessa va sempre mantenuta.
Anche io, come già aveva fatto Mirko, preferisco raccontarvi qualcosa di questa straordinaria avventura attraverso le foto...un consiglio mi sento di darvi: venite in RDC, venite a Shabunda..c'è tanto da fare, c'è tanto da scoprire. Grazie a Incontro fra i Popoli per avermi dato la possibilità di vivere questa esperienza.
Kwa heri Shabunda












Tramonto su Shabunda

Eccomi in compagnia delle autorità tradizionali

Les mamans de l'ADR


Safari a Matili, villaggio a 30 km da Shabunda...

sembrano pochi ma ci sono volute ben 3 ore di moto!!


Le mamans di AMACUS e AVESHA associazioni locali all'insegna della solidarietà femminile

Campo per la moltiplicazione delle sementi realizzato dall'ADR grazie al sostegno di IFP

Lavoro nei campi


Lo studio di Radio Mutanga, emissione radiofonica dell'ADR volta a favorire

la promozione e lo sviluppo di Shabunda e dintorni


Giornata di festa insieme agli amici finalisti dell'Istituto Tecnico Professionale Divin Maitre

di Shabunda: Marie, Salima, Shindano, Valentin e Idolwa

Eccomi insieme a Chiara all'Università di Kalima, città della Provincia del Maniema

E per finire vi lascio con questo splendido scorcio di foresta equatoriale...

Astrid Chuc

lunedì 14 luglio 2008

L'altro può essere una minaccia o una fortuna

Uno scrittore diceva: “L’altro può essere una minaccia o una fortuna”.
Dal 2004, l’Associazione per la Promozione dell’Educazione nel Maniema (APEMA) di Kindu in Congo collabora con Incontro fra i Popoli. Tante belle cose sono state realizzate insieme finora: tutti progetti di sviluppo condivisi.
Quest’anno è stato avviato un nuovo settore di collaborazione: l’arrivo dall’Italia di giovani studenti desiderosi di fare il loro stage universitario da noi a Kindu. La prima è stata Chiara Arsiè, rimasta da noi tre mesi. Che occasione propizia per noi! Una ragazza che si è proposta di vivere come volontaria in Congo e proprio da noi a Kindu. Fa caldo a Kindu e la popolazione vive nella povertà, dopo cinque anni di guerra.
Subito molti qui a Kindu hanno pensato che fosse l’ennesima operatrice dell’ONU, venuta, ben pagata, per fare delle cose che non avrebbero interessato a nessuno.
Per le altre ONG presenti da noi, Chiara era sola un’ispettrice inviata dall’Italia. Invece Chiara era solo una “volontaria”. Veniva con noi dappertutto, vivendo con noi tutte le situazioni quotidiane. Parlava con la gente, soprattutto con le donne ed ha creato con loro una profonda amicizia. L’abbiamo fatta intervenire più volte alle nostre trasmissioni radiofoniche. Alla fine la gente ha capito che ci sono dei giovani coraggiosi e sereni che possono accettare di lasciare il loro paese per venire e condividere un periodo delle loro vite con noi.
Aspettiamo ora altri giovani italiani ed europei che vengano a vivere con noi gioie e sofferenze, tristezze ed angosce, ma anche le speranze di ricostruzione del nostro paese, dopo le infinite guerre.

Don Gaston Mbogo
Presidente APEMA
Kindu – R.D. Congo

Un écrivain disait: “L’autre peut être une menace ou une chance”.
Depuis 2004, l’Association pour la Promotion de l’Éducation au Maniema (APEMA) de Kindu, au Congo, collabore avec Incontro fra i Popoli. Beaucoup de belles choses ont été réalisées ensemble jusqu’ici : tous projets de développement partagés.
Cette année, nous avons lancé un nouveau secteur de collaboration : l’arrivée chez nous à Kindu de jeunes étudiants d’Italie souhaitant faire leur stage universitaire. La première a été Chiara Arsié, qui est restée trois mois chez nous. Quelle occasion propice cela a été pour nous ! Une jeune fille qui s’est proposée pour vivre comme bénévole au Congo, et chez nous, à Kindu. Il fait chaud à Kindu et la population vit dans la pauvreté, après 5 ans de guerre.
Ici, à Kindu, beaucoup ont immédiatement pensé qu’il s’agissait de l’énième agent de l’ONU, bien payée, venue pour faire des choses qui n’auraient intéressé personne.
Pour les autres ONG présentes chez nous, Chiara n’était qu’une inspectrice envoyée par l’Italie. Mais, au contraire, Chiara était seulement une « volontaire ». Elle nous accompagnait de partout, vivant avec nous toutes les situations quotidiennes. Elle parlait avec les gens, en particulier avec les femmes, et elle a créé avec elles une profonde amitié. Nous l’avons faite intervenir plusieurs fois lors de nos émissions radiophoniques. A la fin, les gens ont compris qu’il existe des jeunes courageux et sereins qui peuvent accepter de quitter leur pays pour venir ici et partager un moment de leur vie avec nous.
À présent, nous attendons d’autres jeunes italiens et européens qui viennent vivre avec nous joies et souffrances, tristesses et angoisses, mais aussi les espoirs de reconstruction de notre pays, après les guerres infinies.
Don Gaston Mbogo - Presidente APEMA Kindu – R.D. Congo

martedì 8 luglio 2008

Una stagista francese: Clémentine

Dopo quattro anni di studi universitari in lingue e relazioni internazionali, dovevo fare uno stage di sei mesi presso un ente o un’azienda nel paese della mia seconda lingua straniera, e cioè l’Italia.
Dopo aver mandato qualche decina di CV a varie ONG italiane, ricevei 5 o 6 risposte. Per la maggior parte si trattava di grandi enti basati a Milano o Roma, salvo uno, che si trovava in una piccola cittadina veneta, a Cittadella. Dopo vari colloqui telefonici, Incontro fra i Popoli era stata l’unica ONG con la quale avevo potuto parlare semplicemente, e che mi proponeva di affiancarmi a loro e partecipare alle varie attività dell’associazione.
Era quindi deciso, partivo a gennaio per Cittadella – con una certa apprensione di ciò che avrei trovato come struttura.
Con mio sollievo molto rapidamente sono stata accolta e integrata al gruppo di giovani collaboratori dell’associazione. Durante questi sei mesi, ho avuto modo di fare cose molto diverse per ognuno dei settori nei quali opera Incontro fra i Popoli; e durante gli ultimi due mesi, mi sono concentrata di più sui settori della Cooperazione fra i Popoli e quello dell’Educazione alla Mondialità.
Ognuna delle mansioni effettuate, anche quelle più semplici, hanno costituito un percorso di formazione continua e progressiva che mi ha permesso di capire ogni giorno qualcosa di nuovo sull’associazione, la sua filosofia, il suo lavoro e più in generale il mondo della cooperazione allo sviluppo.
Al di là di un’esperienza professionale, questo stage è stato un’esperienza di vita. Le persone che ho incontrato lì e l’associazione nel suo insieme mi hanno confortata nella mia decisione di orientarmi professionalmente nella cooperazione allo sviluppo e di fare in modo di tenere vivi i miei ideali.
Merci à Incontro fra i Popoli.
Clémentine


Après quatre années d’études universitaires en langues et relations internationales, je devais faire un stage d’une durée de six mois dans un organisme ou une entreprise dans le pays de ma deuxième langue étrangère, c’est-à-dire l’Italie.
Apres avoir envoyé quelques dizaines de CV à différentes ONG italiennes, je reçus 5 ou 6 réponses. La plupart étaient de grands organismes basés à Milan ou à Rome, sauf un, qui se trouvait dans une petite ville de Vénétie, à Cittadella. Après plusieurs entretiens téléphoniques, Incontro fra i Popoli avait été la seule ONG avec laquelle j’avais pu parler simplement et qui me proposait de travailler à leurs côtés et de participer aux différentes activités de l’association.
C’était donc décidé, je partais dès janvier pour Cittadella, avec une certaine appréhension de ce que j’allais trouver comme structure.
À mon soulagement, j’ai été très vite accueillie et intégrée au groupe de jeunes collaborateurs de l’association. Pendant ces six mois, j’ai eu l’occasion de faire des choses très diverses pour chacun des secteurs dans lesquels opère Incontro fra i Popoli ; et pendant les deux derniers mois, je me suis davantage concentrée sur les secteurs de la Cooperation entre les Peuples et de l’Éducation à la Mondialité.
Chacune des tâches accomplies, même les plus simples, ont constitué un parcours de formation continue et progressive, qui m’a permis de comprendre chaque jour quelque chose de nouveau sur l’association, sa philosophie, son travail et le monde de la coopération au développement plus en général.
Au-delà d’une expérience professionnelle, ce stage a été une expérience de vie. Les personnes que j’y ai rencontrées et l’association dans son ensemble m’ont confortée dans ma décision de m’orienter professionnellement vers la coopération au développement et de faire en sorte d’entretenir mes idéaux.
Merci à Incontro fra i Popoli.
Clémentine

Mirko il shabundese

Quando è uscito dall’aereo all’aeroporto di Shabunda, Mirko Tommasi, socio di Incontro fra i Popoli, non ha chiesto ai facchini dell’Agenzia di trasporto aereo di portargli le sue valigie. Le ha prese da solo e si è presentato davanti ai suoi amici dell’ADR, come se fosse un residente abituato.
Per Shabunda e più particolarmente per l’ADR, Mirko è stato un Maestro Indimenticabile, Rispettoso, Coraggioso e Organizzatore.
Il suo comportamento ha dato l’impressione che fosse un africano travestito da italiano, nonostante la sua pelle bianca.
Durante il suo soggiorno, Mirko è stato con:
- le mamme delle associazioni per i lavori dei campi: sarchiatura, semina, mietitura, raccolta;
- i bambini, soprattutto con i suoi piccoli amici delle scuole materne di Kitete, che ha avviato all’allevamento dei porcellini d’India, e con cui ha fatto passeggiate, scoperte, giochi e danze;
- gli adulti con i quali ha fatto escursioni nella foresta, gite fluviali in piroga ed ha visitato sorgenti d’acqua potabile e stagni per allevamento dei pesci;
- i suoi amici dell’ADR, che accompagnava nelle loro attività, a cui dava consigli e suggerimenti.
Lo vedevamo attingere acqua potabile alla sorgente, sistemare un orto di pomodori i cui semi gli erano stati inviati da sua mamma; un orto che ha dato frutti eccezionali che Shabunda non ha mai conosciuto.
Durante il suo soggiorno a Shabunda, Mirko non ha esitato a mangiare il cibo locale. Ad esempio: kambakamba (foglie di manioca macinate e bollite in pacchetti di paglia), nsugnu (frutta), ntolo (frutta che si usa anche come antibiotico in caso di ferite).
Le escursioni a piedi o in motocicletta a Shabunda hanno caratterizzato l’eccezionale coraggio del nostro amico Mirko, che presentava sempre un volto sorridente e pieno di speranza. E quando tornava, esclamava: “La popolazione di Shabunda ha diritto ad un aiuto umanitario, nonostante l’isolamento della città per mancanza di strade praticabili”.
Quotidianamente, ci ha fatto osservare le disuguaglianze e le oppressioni subite dalle donne.
Un grande difensore dei diritti umani. L’abbiamo visto molto arrabbiato domenica 30 marzo 2008, quando fu repressa la marcia organizzata dalle donne per denunciare gli abusi e la leggerezza nel trattamento dei loro dossier contro gli uomini violentatori arrestati dalla polizia locale.
Abbiamo vissuto con lui durante più di cinque mesi ed effettuato molti viaggi, fra cui un viaggio nel dicembre 2007 e gennaio 2008 a Kalima per visitare le associazioni socie dell’Alliance Kivu e prendere un primo contatto con le autorità dell’Università del Medio Lualaba di Kalima e quello dell’aprile 2008 a Kalima e Kindu, dove ha partecipato attivamente, sebbene nell’ombra, all’incontro annuale della Conferenza dei Presidenti dell’Alliance Kivu.
Si è sempre detto che il valore di un uomo non aspetta il valore degli anni. Il nostro amico Mirko è un valore che IfP a messo al servizio dei suoi partner. Abbiamo tratto molti insegnamenti da lui, che ci aiuteranno sicuramente a migliorare le nostre azioni e superare gli ostacoli sul terreno.
Grazie Incontro fra i Popoli per aver inviato fra noi il grande Mirko.








Charles Nalwango




Direttore di Alliance Kivu

mercoledì 11 giugno 2008

8 giugno 2008 festa di Incontro fra i Popoli - Contributi soci all'estero

CHIARA CAVAGNA, MEMBRO DEL C. d. A. di IFP, ATTUALEMTNE A CASA IN MATERNITA’

Cari amici di IfP,
avevo sempre pensato che oggi sarei stata lì insieme a voi con mio figlio Tommaso di circa un mese. Invece le cose sono andate diversamente: ci è stato chiesto di fidarci della Vita e dei tempi della Natura, e noi, con molta fatica, siamo riusciti a non considerare i calcoli medici per ascoltare il bambino che avevo in pancia e che semplicemente non era ancora pronto per venire a mondo. Oggi non ha ancora due settimane, e i ritmi dei suoi primi giorni di vita mi impongono di restare a casa con lui.
L’esperienza di questo parto, e soprattutto questo fidarsi e scegliere la strada più semplice e naturale, il più lontana possibile dalla massificazione e dalla mentalità del tutto e subito tipicamente occidentale, mi richiama tante altre scelte.
Penso al lavorare di IfP insieme ai popoli impoveriti per migliorare le loro condizioni di vita; penso alle scelte quotidiane di noi occidentali che influiscono sul benessere dei popoli lontani; penso al dovere di educare le nuove generazioni con i valori di solidarietà e condivisione; e penso anche al lavoro in ufficio per Incontro fra i Popoli, alla bella collaborazione che c’è tra noi, allo stile in cui si fanno le cose e all’entusiasmo che porta a realizzare nuovi progetti e piccole e grandi idee.
Tutto questo è intrecciato dallo stesso desiderio di giustizia e di fratellanza, lo stesso che accomuna voi che oggi festeggiate l’operato di IfP e vi interessate dei problemi di coloro che, in Italia o nei loro paesi, chiedono solo che venga data loro un’opportunità per migliorare le loro condizioni di vita, che all’economia mondiale fa comodo che restino misere e senza speranza.
Un caro saluto a tutti voi e a coloro che ci aiutano a realizzare i progetti di sviluppo per cui lavoriamo tanto.

Mestrino, 8 giugno 2008
Chiara Cavagna


ASTRID CHUC, VOLONTARIA A SHABUNDA IN R. D. CONGO

Cari Amici di Incontro Fra i Popoli,
mentre mi godo un meraviglioso tramonto vi scrivo due righe per raccontarvi qualcosa del mio stage in terra africana. Mi trovo in Repubblica Democratica del Congo da ormai un mese e a Shabunda da tre settimane. Non mi dilungherò a descrivere il contesto perchè so che lì con voi ci sono Simon Pierre Yananio e Mirko che sicuramente avranno molte cose da raccontarvi. Vi dico solo che quando dall'aereo ho visto Shabunda in lontananza ho avuto la sensazione di essere veramente nel cuore dell'Africa. In queste prime settimane grazie a Charles e agli altri collaboratori dell'ADR, l'associazione partner di IFP presso la quale svolgo il mio stage, ho avuto modo di conoscere la città e la sua gente e di abituarmi a questa vita così diversa dalla nostra. Come potete immaginare qui i ritmi stressanti tipici della nostra società sono sconosciuti, si vive a stretto contatto con la natura e i suoi tempi. Si possono sì fare programmi ma bisogna accettare il fatto che difficilmente sarà possibile rispettarli alla lettera e anzi spesso ci si troverà costretti a stravolgerli. Una delle prime cose che si notano arrivando a Shabunda ( ma credo un po'in tutta l'Africa) è che le donne sono il vero motore della società. Sono le donne che alle 7 del mattino si mettono in cammino verso i campi, spesso distanti diversi chilometri dalla loro abitazione, sono le donne che nel pomeriggio, dopo una lunga giornata nei campi sotto il sole cocente, fanno ritorno in città portando sulle spalle il frutto del loro lavoro e sono sempre le donne che una volta arrivate a casa devono metterla in ordine, accudire e preparare da mangiare per i numerosi figli e per il marito. Purtroppo alle donne non è riconosciuto il valore che meriterebbero. Spesso gli uomini, come loro stesse mi hanno detto, le considerano poco più che “des objects des travail”. Per fare fronte alle difficoltà molte donne di Shabunda, soprattutto nei difficili anni della guerra, hanno deciso di unirsi in associazioni per aiutarsi reciprocamente all'insegna della solidarietà femminile. Ho già avuto modo di conoscere alcune di queste organizzazioni, di partecipare alle loro riunioni e attività e di ascoltare i loro problemi e loro difficoltà. Con Charles stiamo programmando degli interventi alla Radio Mutanga, l'emissione radio fondata dall'ADR, per sensibilizzare la popolazione sui problemi della donna. Spero che questi interventi possano contribuire alla diffusione di una nuova idea della donna come persona con la sua grande dignità e il suo valore e non strumento di lavoro.
Vi saluto e vi auguro una buona festa.

Shabunda, 8 giugno 2008
Astrid Chuc

P. FRANCO BORDIGNON, SOCIO IFP, ATTUALMENTI A BUKAVU IN R. D. CONGO

Carissimi tutti di IFP,
non potendo essere fra voi fisicamente per la nostra assemblea dell’8 giugno,, voglio esserci per mezzo di queste poche righe.
In questi giorni sto cercando di fare una lettura trasversale della realtà italiana di oggi. Voglio riferirmi alle nuove proposte del governo italiano attuale sul problema degli immigrati, mettendole in rapporto alla situazione congolese.
Non voglio entrare in un’analisi di merito, anche perché non vivo sulla pelle come voi il problema. Ma mi chiedo: se i governi africani, particolarmente il governo congolese, adottassero le stesse misure, o meglio se creassero un’ideologia che rasenta la xenofobia nei confronti delle migliaia di “immigranti occidentali” presenti su suolo congolese e che, pescando nel torbido, svuotano le miniere del Congo, non ne risulterebbe forse un bagno di sangue?
A Bukavu sono presenti una trentina di organismi internazionali umanitari o dell’ONU. Hanno un identikit ben preciso e, salvo qualche differenza, per vari di essi gli uni possono bene valere gli altri, cioè sono anche loro molto spesso solo uccelli rapaci. Che cosa rimarrà alla gente congolese di quanto fanno o fanno finta di fare, una volta che i loro finanziamenti sono finiti o qualche emergenza più lucrosa appare all’orizzonte?
Pensando alla mia Italia, ho l’impressione di essere davanti ad un’immagine di quella parte dell’umanità che nella sua ricchezza esterna rivela la sua profonda povertà interiore.
Purtroppo i governi occidentali devolvono una grossissima percentuale degli aiuti a questi organismi pseudo umanitari, lasciando le opere di sviluppo vero e proprio alla povera Cenerentola, che sono quei gruppi piccoli o grandi, come Incontro fra i Popoli, che agiscono con chiarezza e purezza.
Io penso a voi di Incontro fra i Popoli come ad un gruppo che, nonostante i limiti inerenti ad ogni gruppo, ha fatto sua la vocazione di fare del mondo la propria casa, al di là della differenza di culture o di razze, senza manie di potenza, violenza, di difesa di interessi nascosti e di esclusività.
I vostri progetti di sviluppo, le vostre varie attività di formazione, animazione, coscientizzazione in ambienti a volte difficili o refrattari, nascono dalle gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini di oggi. E’ la conferma che il vostro cuore è diventato la casa del mondo per ogni persona.
Voi date individualmente, collettivamente, ma il vostro dono è perfettamente gratuito. E’ difficile pesare su una bilancia umana il peso del dare o del ricevere. Nessuno, dicono anche i proverbi congolesi, è cosi ricco da non aver bisogno di ricevere niente o cosi povero da non poter dare niente.
Un giorno ho ricevuto il più grande dono della mia lunga vita di missionario in Congo. Una vecchietta, che appena si reggeva sulle gambe aiutate da un bastone, magra che le si potevano contare le ossa, vestita con qualche straccio che non vedeva sapone da varie lune, sola senza figli e senza marito, è venuta a trovarmi per offrirmi un frutto, un avocado. E mi disse: “Questo è il primo frutto dell’albero; vuole essere il mio grazie perché hai animato la comunità cristiana perché mi costruisse la casa”.
La “casa” era una capanna di fango di due metri e mezzo per tre, con pareti di bambù e tetto dell’erba secca. In fianco c’era un albero, appunto l’avocatier, tutto quello che la donna possedeva: per lei era il suo campo, il suo granaio, la sua banca.
Per donare è necessario imparare a ricevere.
Carissimi soci ed amici di Incontro fra i Popoli, vi giunga il mio grazie personale e quello della popolazione congolese per la vostra missione di saper cogliere e partecipare al grido di gioia o di sofferenza espresso in lingue diverse, perché con il vostro lavoro il mondo sia un giorno la casa di tutti, perché tutti sono uguali e fratelli.

Franco Bordignon
missionario saveriano
Bukavu 7 giugno 2008

SABRINA E GIANCLAUDIO BIZZOTTO, SOCI IFP, ATTUALMENTE IN ZAMBIA

Carissimo Leo e tutti, a voi europei derelitti e senza speranza un carissimo saluto dallo Zambia. Effettivamente qui grazie alla crescita del Pil del 6% c’è più speranza che non in Italia, ma come sappiamo spesso la speranza sono in pochi ad averla e molti invece non se la possono permettere.
Ci godiamo la nostra Africa con tanto impegno e buona volontà e ogni tanto pensiamo agli amici lontani.
Passeremo per un saluto verso la fine di giugno. Un abbraccio.

Gianclaudio Bizzotto

A volte intingo i miei pensieri nell’inchiostro e poi li stendo su un foglio bianco ed è quello che mi capita ora.
Giusto poco fa ho finito di preparare leccornie per la festicciola di domani. Il nostro bambino compie già 3 anni e li ha tutti trascorsi qui in Zambia ad eccezione di qualche mese di vacanza in Italia. Mi viene ora da pensare alla mia gravidanza, in Zambia anche quella, in un piccolo villaggio remoto e polveroso, con la fortuna di avere un ospedale missionario, in cui allora lavoravamo.
Niente ginecologi che ti vogliono visitare ogni mese a suon di 200 euro alla volta se ti va bene. Niente esami del sangue superflui, ecografie di continuo o amniocentesi perché avevo già passato i 35, flebo di ferro e quanto altro impone oggi la “malattia” gravidanza in Italia. Certo, sono stata super fortunata che la mia gravidanza è stata tranquilla e serena, ho lavorato fino a 3 giorni prima che lui nascesse…..come facevano le mamme di una volta, insomma.
In giro per il villaggio altre “mille” donne incinte mi sorridevano e volevano sempre toccarmi la pancia, perché era davvero così strano vedere una “msungu” incinta. All’ospedale quel giorno sono nati altri 4 bambini ed è stato emozionante fare una foto ricordo assieme alle mie “colleghe neo mamme” zambiane…..
Nicolò e un bambino fortunato, è sano e sempre attivo, allegro. Trascorre per 365 gg l’anno dalle 6 alle 8 ore all’aria aperta, diciamo pure con poco smog, dato che ora viviamo in città. Ha già imparato benissimo l’inglese e anche qualche parola di lingua locale dai suoi amichetti zambiani.
Alla sua festa domani ci saranno appunto loro e altri bimbi dal Sudafrica, dall’Angola, dalla Namibia, dall’Inghilterra e dalla Svezia. Famiglie che vivono qui, ma credo che una varietà cosi di persone raccolte in un piccolo giardino come il nostro, sia davvero una occasione per rinnovare il nostro spirito all’apertura, alla condivisione, perché bene o male questa nostra cerchia di amicizie condivide ogni giorno con i poveri, che non sono sempre e solo coloro che non hanno da mangiare!

Noi cerchiamo di fare del nostro meglio nel lavoro che ci ha portato qui, finalizzato alla promozione delle fasce più povere e deboli tramite il microcredito, degli ammalati di aids con sostegno alle terapie e attività generatrici di reddito, scolarizzazione e preparazione professionale per tantissimi orfani, bambini e ragazzi vulnerabili, un occhio alle foreste e alla produzione di colture alternative, sostegno economico ad ospedali governativi che faticano a tirare avanti….. sono progetti del CeLIM, e siamo fiduciosi che chi semina qualcosa raccoglie…….
Speriamo di essere in grado di trasmette a Nicolò qualcosa di buono dalla nostra vita in Zambia, ma siamo certi che lui è partito col piede giusto.

Zambia, 8 giungo 2008
Sabrina Pettenuzzo

SR. ANTONELLA LAZZARO, SOCIA IFP, ATTUALMENTE IN ARGENTINA
Carissimo Leo e amici di IFP,
vi scrivo da un altro Paese, l'Argentina. Mi trovo a Tucuman in una barrio molto povero, ma ricco di risorse: giovani e gente che si impegna per i più poveri. Le suore qui lavorano da più di 10 anni realizzando un centro di catechesi, di animazione missionaria e un comedor, una mensa per i poveri, bambini e disabili o persone sole. Visitano inoltre i malati donando molta speranza e vicinanza: Dio é vicino perché ciascuno di noi lo può rendere tale. E' l'impegno di tutti noi che vogliamo trasmettere la nostra fede!
Ciò che mi impressiona molto é la violenza che porta in sé l'insicurezza della vita, come il caso di una mamma che uscendo per lavorare venne uccisa con una pugnalata alle spalle inferta da suo marito sulla strada. oppure un bimbo di 9 anni che strangola una piccola di 3. Per non parlare delle ragazze che abitano nei villaggi e che devono percorrere km in semioscurità con il rischio sempre incombente di essere violentate...
La Chiesa qui è molto presente, molto più dello stato e si fa carico dei poveri e della formazione dei suoi membri.
Vi saluto con affetto e vi chiedo di pregare per noi.
Argentina, 8 giugno 2008
sr Antonella Lazzaro

venerdì 30 maggio 2008

08/06/08 - Festa di Incontro fra i Popoli

Incontro fra i Popoli si riunisce assieme a soci, amici e curiosi per condividere una giornata di amicizia e solidarietà. E' occasione di riflessione e di scambio di idee, ma anche di chiacchiere tra amici e persone interessate. Incontro di quanti credono nella solidarietà internazionale e nella gratuità del volontariato ed esprimono questa loro idealità attraverso l’associazione Incontro fra i Popoli.

L’incontro è aperto a chiunque Soci, amici, collaboratori, simpatizzanti, persone di buona volontà.

PROGRAMMA:
09 – 10 • ritrovo e buffet nel boschetto di Via Pezze 16 a Cittadella (PD).
10 – 11 • s. Messa nella Pieve di San Donato (presiede mons. Simon Pierre Yananio, vicario vescovile della diocesi di Kasongo R. D. Congo).
11 – 17 • testimonianze:
◊ Simon Pierre Iyananio, presidente di Alliance Kivu – R. D. Congo
◊ Mirko Tommasi, volontario di ritorno da Shabunda – R. D. Congo
◊ esperienze di insegnanti con cui collaboriamo nell'educazione alla mondialità

• pranzo autogestito (come ogni anno, ognuno porta qualcosa e ce ne sarà per tutti).
• intrattenimenti per grandi e piccini.

Ci troveremo a Cittadella (PD):
Se è bel tempo, nel boschetto di Via Pezze 16
Se è tempo incerto, sotto il tendone in fianco alla chiesa di San Donato
Se è tempo piovoso, nel centro parrocchiale dietro la chiesa di San Donato

martedì 20 maggio 2008


Anche questo anno dacci una mano, donaci il cinque... per mille!
Incontro fra i Popoli ONG onlus C.F. 920 450 402 81

lunedì 19 maggio 2008

Anche Astrid è arrivata in R. D. Congo


Ciao a tutti!
Vi scrivo dalla Repubblica Democratica del Congo dove anche io, come Chiara e Mirko sto facendo uno stage grazie a IFP. Dopo una notte trascorsa a Bujumbura, capitale del Burundi, Mirko mi ha passato il testimone: la sua esperienza africana stava per il momento volgendo al temine mentre la mia cominciava. Accompagnata da Didier e Elias della Caritas di Uvira ho attraversato il confine e
messo piede per la prima volta in terra congolese. A Uvira ho conosciuto Suora Giovanna del Centre Béthanie e i bimbi sordomuti e disabili ospitati nel centro che con i loro sorrisi hanno rallegrato le mie giornate. Didier e Elias sono stati molto gentili, mi hanno mostrato la loro città e sapendo che sono una studentessa di antropologia culturale mi hanno portata al matrimonio di una loro collega per farmi conoscere come si svolge qui il matrimonio. La cerimonia in chiesa è stata un'esplosione di colori e di vivacità animata da canti e danze. La messa in africa ha davvero la straordinaria capacità di diffondere la gioia. Lasciata Uvira sono salita con i Padri Saveriani nella bella Bukavu, capoluogo del Sud Kivu. Per arrivare a destinazione sono state necessarie 4 ore di land rover di cui tre percorrendo una mulattiera abbarbicata sulle montagne. Non di certo le nostre autostrade ma che panorami che ho avuto la fortuna di vedere da lassù… paesaggi mozzafiato. Il mio soggiorno a Bukavu è per il momento breve, domani infatti un aereo della croce rossa mi porterà a Shabunda, la città nella foresta che grazie ai racconti di Mirko abbiamo già un po' conosciuto. Sarà lì infatti che trascorrerò la maggior parte di questa avventura in Congo.
Bene ora vi saluto. Vi manderò presto notizie dalla foresta.
Kuaeri

Astrid

venerdì 9 maggio 2008

Kindu: l'esperienza continua

Amjambo!
Dopo un mese dal mio arrivo nella splendida e calma città di Kindu sento di essermi già affezionata a tutto a tutto ciò che caratterizza questo straordinario scorcio d'Africa sub-sahariana ed in particolar modo alla sua accogliente e gioiosa popolazione. Ecco che quando mi addentro nelle sradine del mercato o quando faccio il mio quotidiano tragitto dalla procura dove alloggio all'ufficio dell'APEMA il saluto che mi viene rivolto non è più JAMBO DADA ma JAMBO CHIARA, A BARI? (ciao Chiara come stai?), e questo mi riempie di gioia poichè ho l'impressione di non essere più lo strano MUZUNGU venuto dal Nord ma di iniziare a essere"una di loro".
Per quanto riguarda i bisogni e le esigenze di tutta questa popolazione non saprei veramente da dove cominciare perchè le necessità sono infinite, a partire da quelli che sono i bisogni primari: mangiare, vestirsi, avere un tetto sotto il quale dormire e ripararsi, a quelli secondari :avere dei mezzi con i quali spostarsi, il diritto ad un'educazione .Questa gente con un'overdose di coraggio e forza porta a termine ogni lunga ed estenuante giornata senza lamentarsi, al contrario spesso sforzandosi di elargire a chiunque larghi sorrisi stampati nei loro visi segnati dalla fatica e dal dolore. Vuoi per i lunghi tragitti percorsi a piedi, bicicletta e moto su strade impraticabili, vuoi per il lavoro spossante nei campi o al mercato sotto un sole ardente, vuoi per l'alimentazione sempre troppo povera di tutto o vuoi per gli sbalzi di temperatura che possono variare dagli umidi 40-42 gradi di giorno ai ventiulati 23-25 gradi di sera essere febbricitanti quando cala la sera rientra assolutamente nella norma, ma nemmeno questo li ferma.
E le donne sono un qualcosa di straordinario, possiamo tranquillamente dire che rientrano nella comune definizione di"macchine da guerra": dopo essere rientrate a casa(percorrendo spesso kilometri e kilometri a piedi)dai campi o dal mercato con il loro misero gruzzolo guadagnato vendendo un pò di riso, arachidi, banane, olio di palma, manioca ecco rimboccarsi le maniche per ricominciare a lavorare di nuovo: occupandosi della casa, della famiglia, del cibo e di tutto ciò che sanno bene anche le nostre mamme, c'è da fare in una casa con la differenza che spesso la salute è precaria, la temperatura è insopportabile e nessuno le aiuta (o raramente). E' assolutamente necessario aggiungere che quando parlo di famiglia intendo nella maggior parte dei casi un nucleo alquanto allargato di persone, ovvero:marito, figli, cugini, nipoti, cognati/e, sorelle, fratelli...Mantenere una famiglia non è un'impresa semplice e per farmi capire al meglio vi racconto brevemente qual è il tenore di vita secondo i racconti dei ragazzi dell’APEMA e della popolazione: il salario medio in una famiglia ammonta a circa 20/30 $ al mese con cui devono provvedere innanzitutto al cibo prima che a tutto il resto: un sacco di foglie di manioca costa circa 5$ dollari che, in una famiglia per esempio come quella di Emerie di circa 9 persone, basta per circa una settimana.Con la manioca si prepara il SOMBE una specie di spinacio o verdura cotta fatto con le foglie di manioca che viene accompagnato al FUFU, simile ad uno gnocco fatto con la farina di manioca, in qualche caso fortunato, mescolato alla farina di mais. Il lusso qui non è il cibo pregiato ma per esempio il riso che quando va bene riescono ad acquistare 1 o 2 volte la settimana, o la carne che costa circa 3000 franchi al kg ovvero 6 dollari; un pesce medio costa circa 10 dollari che riescono a permettersi forse una volta ogni due o tre settimane. Emerie, il segretario dell’APEMA mi ha raccontato che quando i prezzi al mercato di Kindu sono troppo alti, lavoro permettendo, si sposta con la sua bicicletta nella periferia a circa 30 km dove trova prezzi più abbordabili. Si mangia in media una volta al giorno : allora è inevitabile chiedersi:”ma con un pasto così povero di energia dove trovano non dico nemmeno la forza di lavorare, ma soltanto di stare in piedi e addirittura di sorridere..”? Mah, per me resta un mistero irrisolto.
L’attività che più mi entusiasma è quella di sensibilizzazione ed educazione nelle scuole, dove grazie all’esempio di IfP, l’APEMA, attraverso il gioco cerca di diffondere nei ragazzi un messaggio di pace e d’amicizia, d’amore di non-discriminazione, d’uguaglianza e di parità tra uomo e donna. Visti gli alti tassi di matrimoni precoci nelle scuole secondarie si cerca di esortare i ragazzi a continuare gli studi facendo loro capire che è l’unico mezzo per tentare di costruirsi un futuro migliore, non ignari del fatto però che, pur volendo, spesso molte famiglie non hanno i mezzi economici per far continuare i loro figli negli studi. L’ultima scuola che ho avuto la fortuna di visitare è stata l’Istituto Mikelenge, dove i ragazzi mi hanno accolto cantando a squarciagola agitando nelle loro mani ossute rami di fiori di tutti coloriper darmi il benvenuto!E' realmente straordinaria la capacità che questa popolazione ha, nella sua semplicità, di trasmettere gioia, di emozionare e sorprendere. E’ quasi un paradosso che una povertà così grande racchiuda dentro se una ricchezza d’animo mai vista prima.

Ora vi saluto alla prossima
Kuaeri
Chiara

domenica 4 maggio 2008

Arriverderci RDCongo

Jambo Marafiki,

dopo quasi sei mesi di Congo la mia avventura sta volgendo al termine, infatti, la prossima settimana l’aereo mi attende a Bujumbura per il rientro. Questi mesi devo dire sono stati molto intensi ma la differenza con il nostro mondo è tale che non ci si rende bene conto di quello che si vive. Immagino ci voglia un po’ di tempo per metabolizzare l’esperienza. Prima di salutarvi dal Congo per rivederci in Italia, vi volevo mandare un mio ultimo articolo ma poi pensandoci bene ho preferito inviarvi una carrellata di foto che sono molto più significative di tante parole. Le ho scelte in progressione, quindi le prime sono di quando sono arrivato, mentre le ultime sono di questi miei ultimi giorni di viaggio in cui ho toccato Bukavu e Goma prima di avviarmi il prossimo lunedì mattina a Uvira, mia ultima tappa in terra congolese.


Qui ero con lo staff del ristorante della CARITAS ad Uvira. Non immaginavo nemmeno che di ristoranti non ne avrei più visti per sei lunghi mesi.

Prima di partire Leopoldo mi aveva avvisato: viaggerai tra i bagagli. Ma quale tra i bagagli? Ero in cabina quasi abbracciato al pilota e copilota e non riuscivo a muovermi. Li vedete i sacchi alle mie spalle? Arrivavano quasi a toccare la parte superiore dell’aereo. Però vi dico che dalla cabina c’è un panorama veramente meritevole di correre il rischio di viaggiare senza cintura allacciata…

Di ritorno da una visita ad alcuni piccoli villaggi mi sono fermato a visitare il grande ponte sull’Ulindi, un ricordo lasciato da ingegneri italiani costruito durante il periodo coloniale.

Visita ad una segheria manuale all’interno della foresta. In foto sono con il mio amico e coinquilino Charles, geometra che segue la costruzione di cinque scuole elementari.

Dopo una bella passeggiata e un bel giro in piroga, canoa ricavata incavando un grosso tronco d’albero e mossa da pagaie, ci ripariamo dal sole tropicale all’ombra di un Barzar.

Ogni settimana alla fonte a prendermi l’acqua potabile come tutto il resto della popolazione di Shabunda.

Momento di relax nel giardino di casa in compagnia del guardiano Patrice, del figlio Kennedy e del figlio della cuoca.


Mentre faccio compagnia alla cuoca e ai figli che mangiano in cucina; le donne e i bambini, infatti, non possono per tradizione mangiare a tavola con i maschi.


Spero che la foto non sia troppo scura. Qui ero in camera mia e al lume di candela mi stavo preparando per andare a dormire….che serate romantiche!!


Durante le vacanze di pasqua sono stato a fare del turismo responsabile…qui mi vedete a fare il bucato giù al fiume come tutta la gente. Sullo sfondo qualcuno che si fa anche il bagno…



…ho voluto prendere in braccio questo piccino ma appena ha visto che non ero sua mamma si è messo a piangere. Ero in una comunità di una montagna e probabilmente il bambino non aveva mai visto un “musungo” prima d’ora.



Tra una visita e l’altra trovo anche il tempo di fare un po’ di turismo. Sono a Goma e ho sullo sfondo il magnifico lago verde.





Peccato la foto sia uscita scura. In battello sul lago Kivu di ritorno da Goma…che panorami. Beh, che dirvi… questa è stata la mia storia negli ultimi sei mesi e vi giuro che è stata intensa. Dall’Europa non si può neppure immaginare come sia diversa la vita qui e come le persone siano costrette a vivere nella povertà. Io, infatti, ero un’occidentale e per quanto mi sia immedesimato nella loro vita quotidiana non è la stessa cosa sapere che un giorno te ne ritornerai nel tuo soffice mondo o sapere che ci si trova in una gabbia senza via d’uscita.

Tutaonana

Mirko

domenica 13 aprile 2008

prima settimana a Kindu


Jambo!
Dopo aver trascorso una settimana nella caotica capitale della Repubblica Democratica del Congo eccomi arrivata nella splendida e tranquilla Kindu. Mai avrei pensato ad una accoglienza così calorosa da parte di tutta questa splendida e amichevole popolazione che quando mi incontra nei vicoli del mercato centrale mi porge un sorridente JAMBO DADA (saluto che si fa alle giovani donne), a cui io ovviamente rispondo con altrettanto entusiasmo.
Ho avuto la possibilità di visitare con i membri dell’APEMA (Gaston, Gedeon, Emerie, Marie, Marcel) buona parte della città e tutti i suoi piccoli e poveri quartieri ma sorprendentemente intrisi di gioia, sorrisi e vivacità; le donne e i bimbi trasportano sul dorso e sulla testa pesi incalcolabili ma questo non impedisce loro quando mi incontrano di sorridermi e di salutarmi o addirittura di abbandonare per qualche secondo i loro fardelli a terra per stringermi la mano e per darmi il loro saluto in swahili.
Come molti sanno Kindu è divisa in due dal fiume e per chi vuole raggiungere la riva opposta deve farsi trasportare da una delle piroghe disponibili a riva. La settimana scorsa sono rimasta attonita nell’osservare una piroga carica di persone a tal punto che il suo bordo toccava il pelo dell’acqua. Marie mi ha raccontato che non molto tempo fa a causa di questo problema ha perso un suo caro amico e collega di università che doveva sostenere un esame all’università di diritto pubblico che si trova alla riva sinistra del fiume; la piroga era talmente satura di persone che ha finito per spezzarsi, capovolgersi e gettare tutti i viaggiatori nel fiume con un’ingente perdita di vite umane.
Quello che ho osservato sino ad ora è che nonostante le difficoltà,le sciagure, la fame, la miseria in particolar modo di certi quartieri, questa popolazione mantiene una fede che è un qualcosa di incredibile e di invidiabile. Le messe domenicali sono un’esplosione di gioia contagiosa; il loro entusiasmo nel danzare e cantare è talmente forte che non si può nonsorridere ma anche commuoversi per la forza e la voglia di vivere che c’è in ognuno di loro. C’è proprio da farsi un esame di coscienza;
Come ha osservato Mirko a Shabunda sono le donne e i bimbi che fanno i lavori più pesanti ma i ragazzi dell’APEMA mi dicono che qualcosa sta cambiando, POLE POLE (lentamente)
VOIR, JUDGER, AGIR è il motto di cui mi sono fatta carico: quindi quello che sto facendo a poco più di una settimana dal mio arrivo è quello di osservare, ascoltare, conoscere questa meravigliosa città le mie osservazioni arriveranno in un secondo momento quando sarò abbastanza certa di aver capito qualcosa senza precipitarmi in conclusioni affrettate.
Vi saluto tutti
TUTAONANA
Chiara

martedì 25 marzo 2008

Isolati dal mondo

Quando lessi in un articolo che Shabunda era situata in un’enclave, non realizzavo esattamente la vera situazione, quando poi arrivai, mentre attendevo pressoché in cabina che scaricassero l’aereo per poter scendere mi misi a parlare con i piloti. Gli dissi che mi sarei fermato per cinque mesi e loro mi guardarono molto perplessi e si misero a ridere. Erano terrorizzati solamente dall’idea di potervi soggiornare un solo giorno nel caso di maltempo improvviso. I piccoli aerei che atterrano qui a Shabunda non sono adatti a volare con forti perturbazioni, che qui sono usuali ogni tardo pomeriggio durante la stagione delle piogge.
Ora, dopo più di tre mesi dal mio arrivo, capisco esattamente cosa voleva dire l’autore di quell’articolo definendo questa terra un’enclave. Già ho raccontato che qui non ci sono strade da Bukavu o Goma, città da dove arrivano tutti i prodotti alimentari che non siano locali. Ora vi starete chiedendo quali sono i prodotti locali…ebbene, qui si possono trovare le patate dolci, la manioca (cibo base della zona, un po’ come da noi può essere il pane), una verdura simile agli spinaci, il riso, frutta varia e olio di palma che per noi è meglio non utilizzare per non avere problemi continui di stomaco, la carne anche se molto cara, gli arachidi, i pomodori ciliegina e poche altre cose che forse ora dimentico. Tutto il resto deve essere importato.
Ogni giorno quando la nostra cuoca va al mercato si lamenta che non riesce a trovare, non solamente quello che vuole, ma neanche l’indispensabile per fare un po’ da mangiare. Qui manca veramente tutto, e quando la situazione politica intera o dei vicini paesi si mette di mezzo la situazione diventa veramente difficile perché tutto viene meno quando i voli sono interrotti.Circa due mesi fa, a causa della situazione interna del Kenia, la fornitura di carburante fu sospesa e con lei tutti gli aerei. E’ da lì, infatti, che arriva il petrolio per tutto l’est Congo. La mancanza di carburante all’aeroporto Kavumu di Bukavu si è subito fatta sentire qui, o meglio non si sono più sentiti aeroplani per una decina di giorni. Ve lo immaginate quando tutte le cose arrivano via aerea per mancanza di vie di comunicazione e anche gli aerei si fermano?
Sono stati dieci giorni difficili per tutti, anche per me il fatto di vedere ogni giorno lo stesso piatto fatto di riso in bianco, un po’ di polenta di mais, dei fagioli o la stessa verdura cotta e un pezzettino di carne non è stato dei massimi, soprattutto perché noi siamo abituati ad andare al supermercato e riempire il carrello della spesa senza neppure pensarci troppo. Ma anche qui sono ancora una volta fortunato rispetto a molti, io ho i soldi per potermi permettere almeno la carne. Ogni giorno vedo moltissima gente che mangia solamente un piatto a base di riso mescolato con foglie di manioca cotte.

La stessa situazione aerea ora si sta ripetendo, questa volta perché il governo ha bloccato i piccoli aerei antonov. Finalmente, alcuni dicono, ci si è resi conto che sono molto vecchi e insicuri. Ma alla gente comune chi ci pensa? Nel frattempo non hanno pensato di comprare qualche nuovo aereo, così la gente “allunga” l’orecchio nella speranza di sentirne arrivare uno con un po’ di cibo.
Per farvi un esempio, la settimana scorsa per comprare l’equivalente di una piccola latta di tonno di sale, è questa l’unità di misura locale, si doveva pagare quasi un dollaro quando tempo addieto costava un quinto. Tutto improvvisamente è diventato cinque sei volte più costoso del normale e la gente ne sta soffrendo molto ma non ha alcun mezzo per poterne uscire se non la speranza di vedere ultimata quest’interminabile strada che arriva da Bukavu.
Ieri sono tornato da una settimana passata in un villaggio ai confini con il Maniema, giù al sud dove non c’era neppure l’aeroporto. Appena riesco vi scriverò anche di questa esperienza che mi ha portato a fare molte cose per la prima volta in vita mia….e spero che venga anche a voi il desiderio di venir a vedere quanto diversa è la vita all’infuori dell’Europa.

Kuaeri

Mirko

giovedì 28 febbraio 2008

Viaggi 2008

LE TUE FERIE…


Vivere immerso in culture diverse
Capire oltre ciò che vedi
Camminare a fianco di persone e popoli
Un riposo di
rigenerazione interiore



…LE NOSTRE PROPOSTE

Contattaci!!!
  • L’ETICA
Viaggia con noi : Spiagge, parchi naturali, storia, architettura, feste, svago, buon cibo… ma anche :

► conoscenza diretta delle culture locali, vissute in prima persona e condivise con le popolazioni locali.

► scoperta della società civile, delle sue forme organizzate (gruppi, cooperative, associazioni, …), dei loro progetti di sviluppo e di crescita sociale, culturale, economica, imprenditoriale, politica…



Una vacanza dove chi ti accoglie è la gente del posto, preparata e
competente, desiderosa di presentarti la propria cultura e la propria organizzazione sociale, e che ha preparato un soggiorno e dei percorsi di visita nel massimo rispetto dell’ambiente.

E sei sicuro che quanto spenderai resterà alla popolazione locale e quindi migliorerà l’economia di base del paese che ti ospita.

Tutto questo si chiama “turismo responsabile”


  • LA LOGISTICA
Posso iscrivermi?
Certo.
Se sei minorenne devi venire con un maggiorenne che si faccia carico di te.


Come posso iscrivermi ad un viaggio o informarmi meglio?
Telefona. Invia una mail. Invia una lettera. Visita il nostro sito.

www.incontrofraipopoli.it
Incontro fra i Popoli
Via Museo 9
36061 Bassano del Grappa (Vicenza)
turismo@incontrofraipopoli.it
335.6977664 [foto] Luisa
049.5975338 [foto] Chiara
335.8367012 [foto] Leopoldo

Quanto costa?

Circa 700 € per la Romania. Tra 1.200 e 2.200 € per il Congo ed il Camerun.
Cioè? Al costo del biglietto aereo, dei visti e dell’assicurazione, si aggiungono 35 € al giorno per le spese giornaliere (vitto, alloggio, trasporto) e 50 € per le spese di segreteria di Incontro fra i Popoli.


Cosa mi verrà chiesto quando mi iscrivo?
- i documenti (passaporto, febbre gialla, alcune foto), i dati necessari per ottenere il/i visto/i, un anticipo (il costo del biglietto aereo);
- la partecipazione ad un incontro assieme ad altri partecipanti allo stesso viaggio, a Bassano (VI) o a Cittadella (PD) o a Padova.


Cosa mi verrà chiesto quando sarò tornato dal viaggio?
- partecipare ad un incontro di scambio e di valutazione con gli altri partecipanti al viaggio.
- far tesoro della ricchezza interiore acquisita e renderla concreta trasmettendola agli altri intorno a te e tenendoti in contatto, attraverso Incontro fra i Popoli, con persone ed enti che hai incontrato nei paesi visitati, sostenendo le loro iniziative di crescita, i loro progetti. Questa è “solidarietà”.


Quando si fanno i viaggi?
- Sopratutto durante l’estate (luglio e agosto)
- In ogni momento dell’anno (per gruppi da 6 a 12 persone già costituiti e per singoli o coppie che desiderano fare esperienze personali)


Quanti tipi di offerte ci sono?

- Percorsi di conoscenza (viaggi di turismo responsabile, in cui ci si sposta di località in località, per vedere, apprezzare, conoscere, condividere).
۰ due settimane (Romania, Camerun foresta, Sri Lanka)
۰ tre settimane (Congo foresta, Congo laghi, Camerun savana)

- Soggiorni di condivisione (un periodo da 15 giorni a 4-6 mesi da trascorrere in una località predefinita, vivendo con la gente del posto, affiancati da mediatori locali)

- Campi di servizio (un periodo da 7 a 20 giorni da trascorrere a fianco di un’associazione del posto nella realizzazione delle sue opere di sviluppo)

- Stage e tirocini (per universitari e neolaureati, periodi di almeno 2 mesi)