giovedì 23 ottobre 2008

da Marta Berlingeri, stagista a Bukavu , lì 22 ottobre 2008












Salve a tutti di IFP,

sono una studentessa di Cooperazione e Sviluppo attualmente in stage presso il Comité anti Bwaki (CAB) grazie ad Incontro fra i popoli. Mi trovo qui in Sud Kivu da ormai un mese e mezzo.

Ogni giorno affianco gli animatori del CAB nelle molteplici attività presso i villaggi fuori Bukavu: incontriamo i gruppi femminili, i comitati di sviluppo ed i gruppi di giovani per aiutarli a meglio organizzarsi tra loro per creare attività commerciali, per sfruttare le loro terre, per conoscere i propri diritti e per migliorare le loro condizioni di vita. Cerco il piu possibile di partecipare alle animazioni anche se la lingua è un grosso ostacolo. Comunque tutto il personale del CAB è sempre molto disponibile a tradurre cio che dico e ad insegnarmi lo Swahili.

Abituarmi a tutta questa povertà ed insicurezza generale è stata dura.

Le guerra in teoria dovrebbe essere finita da un po di anni ma in alcuni villaggi regna l’insicurezza, l’impunità, la violenza ed i saccheggi ad opera di gruppi armati governamentali e non. Tutto cio demotiva i contadini e provoca spostamenti di famiglie verso la citta o altri villaggi.

Comprendere la sofferenza di questo popolo vivendo con loro la quotidianità è davvero un altra cosa. Spesso con gli animatori resto 2-3 giorni nei villaggi pernottando in case senza elettricità, cucinando con il carbone a legna come fanno quasi tutti in RDC... il mio spirito di adattamento raggiunge livelli inaspettati.

Ogni giorno mi arricchisco di esperienze nuove ed incredibili, mi confronto con realtà profondamente diverse dalle nostre. Mi affeziono sempre piu a tutto lo staff del Comité anti Bwaki che mi ha accolto con tanta gentilezza e alle mamans dei gruppi femminili che sono sempre contente quando vado a trovarle.

Con qualche foto vi mostrerò qualche attività a cui ho partecipato in questo periodo. Marta

giovedì 2 ottobre 2008

"A Parma soprusi ogni giorno"

Intervista a Jean Claude Didiba socio di Incontro fra i Popoli e segretario generale dell’Associazione Amici d’Africa di Parma

Jean Claude Didiba, segretario generale dell'Associazione Amici d'Africa di Parma, parla del caso di Emmanuel Bonsu: "Non ho dubbi che si tratti di un caso di razzismo. La situazione per noi stranieri sta peggiorando sempre di più"di Carlotta SistiIl clima è teso nella comunità africana di Parma, e lo si capisce dal tono con cui Jean Claude Didiba, segretario generale dell'associazione Amici d'Africa parla del caso di Emmanuel Bonsu. È agitato, parla in fretta, la voce è quasi affannata, le parole sono pesanti: persecuzioni, maltrattamenti, violazione dei diritti. Questo ogni giorno, secondo Didiba, che porta a esempio un episodio accaduto a lui stesso in mattinata: "Io abito a San Secondo e come ogni mattina alle 8 meno cinque accompagnavo mio figlio a scuola. Sull'auto ho il contrassegno per gli invalidi, per il bambino. Ho parcheggiato vicino alle bancarelle del mercato, com'era mio diritto, ma due vigili appena mi hanno visto si sono avvicinati per farmi allontanare. Senza chiedermi nulla, senza dirmi nemmeno "buongiorno": per loro dovevo sloggiare. Io ho risposto che prima di tutto si saluta, poi si domanda se c'è una ragione per cui ho parcheggiato lì, infine ho detto che avevo a bordo il bambino e che avevo il contrassegno. Mi hanno chiesto "Che c'entra il bambino con gli invalidi?" Ecco, cose del genere succedono di continuo".Parla di Parma, Jean Claude, che "Dovrebbe essere una città europea, e invece è chiusa, barricata, spaventata dagli stranieri, che devono essere emarginati". La rabbia accumulata di un immigrato che in 8 anni di vita a Parma non ha mai smesso di sentirsi tale, e che oggi con il caso di Emmanuel esplode: "Non ho dubbi che quello che è successo al giovane ghanese sia un atto di razzismo e xenofobia. L'ennesimo, ma stavolta almeno denunciato e fatto vedere all'opinione pubblica. La situazione per noi sta peggiorando, soprattutto con questo nuovo governo. Io mi definisco apolitico ma non posso far finta di non vedere che negli ultimi mesi c'è una caduta libera della tutela dei diritti di noi stranieri".
Quella busta, poi, con la tristemente celebre scritta "Emmanuel negro" lo turba più di tutto: "L'ignoranza è di per sé una cosa terribile, ma diventa inaccettabile da parte delle forze dell'ordine. Sono sincero: non so per quanto ancora potremo sopportare tutto questo. Non vorrei usare la parola rivolta ma.". Non ci sarà una rivolta, non nell'immediato almeno, nei piani di Jean Claude Didiba, ma una protesta pacifica sì: "È tutto il giorno che faccio telefonate alla comunità camerunese, a quella del Burkina faso e ovviamente alla comunità ghanese di Parma. Entro sera decideremo quando e come muoverci".

01 ottobre 2008 - Da Repubblica.it

Caro Didiba, ho letto il tuo articolo. Come sempre sei molto esplicito e chiaro.
Al di là di ogni tipo di protesta pubblica pacifica che vorrete intraprendere, vi consiglio anche un'azione di richiesta di “sicurezza” nei termini della legge, dalla dichiarazione dei diritti umani, alla costituzione, fino alle leggi ordinarie che potrebbero interessare i singoli vostri casi di sopruso. Anche i “nuovi cittadini” hanno diritto alla sicurezza e, visto che questo governo ha come priorità di garantire ai cittadini la 'sicurezza' (intesa come protezione degli italiani contro i “nuovi intrusi stranieri”), voi stranieri prendetelo in contropiede, chiedendo anche voi sicurezza dall'ottusità e razzismo degli 'autoctoni', cioè noi italiani. Che la vostra azione sia sempre non violenta, ma decisa, tamburellante quotidianamente, presentata e fatta valere presso tutte le istituzioni pubbliche, dal sindaco ed assessori, ai vigili urbani, alla polizia, carabinieri, onorevoli; ed anche enti privati come scuole, parrocchie, gruppi di Azione Cattolica, Scout, ecc. Ragioniamo: in una partita di calcio, se una squadra picchia sempre l'altra e l'arbitro è con lei, che farebbe l'altra? Meglio che chi è offeso si rifaccia a chi deve far valere la legge, costringendolo fino all'esasperazione ad applicarla anche in suo favore. Se siete uniti in questo, innanzitutto snervereste le forze dell'ordine ed i tutori della legge, che, come la vedova insistente del Vangelo, ad un certo punto vi devono dare ascolto, ma anche la vostra protesta, punzecchiante come le zanzare che di notte ti infastidiscono e non riesci mai ad ammazzarle, si propagherebbe a tutta la popolazione di nuovi cittadini in Italia.

Ciao Leopoldo Rebellato
(presidente Incontro fra i Popoli)