martedì 16 giugno 2009

Le "a" dello schiavismo sociale

Ci sono persone, enti, associazioni che si dichiarano "a-confessionali", cioè che non si caratterizzano, nè sono affiliati all'una o all'altra confessione religiosa. “A-confessionali” suona un po’ come "a-religiosi", cioè al di sopra ed al di fuori delle differenti espressioni della fede che caratterizzano ogni popolo ed ogni epoca.
Difficile sarebbe potersi definire "a-fedeli" cioè senza fede, sapendo che fede etimologicamente significa "fiducia". Tutti abbiamo un credo profondo, assoluto, unico, che sostiene e dà senso alla nostra vita: un Dio di un certo tipo cui rifarsi in un certo modo, oppure un non-Dio concretizzato nel contingente quotidiano, negli affari, nei soldi, nella carriera, ecc.
Facile è essere "a-partitici", cioè al di sopra dei partiti politici più o meno effimeri, che si affiancano all'esistenza di ciascuno di noi. Impossibile è essere "a-politici". Eppure ancora oggi si sente dire: "Io di politica non me ne intendo e neppure mi interessa." Più grave è trovare enti ed associazioni che nei loro statuti sottolineano :"Il nostro è un ente, un'associazione ‘a-politica’".
Nessuna nostra azione sociale, per quanto piccola, può collocarsi al di fuori della politica. Intendo per azione sociale tutto ciò che facciamo e che ha riflessi e rapporti con le altre persone e con l'ambiente nel quale viviamo. E' il nostro essere parte di una società, che ci fa essere persone politiche. Ed ogni azione che compiamo, ogni parola che pronunciamo, ogni scelta che facciamo è uno schierarci, un fare politica, cioè un partecipare al governo della città-comunità (polis). Leggevo tempo fa un articolo che dibatteva se nei servizi igienici pubblici fosse più "ecologico" il distributore di salviette di carta (deforestazione!) o l'asciugatore ad aria calda (elettricità = inquinamento!). E' solo una scelta ecologica, magari etica, o anche politica, per il fatto che ha risvolti in tutta la collettività? Anche l'acquisto di una banana è azione politica: la scelta o il disinteresse nella scelta dell'una o dell'altra marca. Con quale impronta ecologica è prodotta quella banana? Con quale retaggio di rispetto o disprezzo dei diritti umani verso il produttore? Perfino scegliere un telegiornale rispetto ad un altro è politica. Ogni nostra scelta ha ripercussioni sull'intera collettività, orientandola verso un miglioramento o verso un peggioramento.
Ed è l'onesta di fondo che dà valore etico a qualsiasi nostra scelta. Per questo dobbiamo rispettarci, quando ci troviamo con idee e punti di vista diversi. Ma per favore non etichettiamo di "onestà di fondo" le opinioni e le scelte fondate sul disinteresse, l'indifferenza, la disinformazione, il "non so, non mi interessa, però ... io la penso così". Lo schiavo sociale fa suo e ripete quanto i media dicono, quanto afferma il politico demagogico di turno. Chi non si interessa di politica è funzionale alla politica del più forte. Quindi anche chi non si interessa fa "politica". O scegli tu o gli altri scelgono te e fanno di te lo strumento della loro "politica".
Il Consiglio comunale di Cittadella, piccola cittadina sopra Padova, chiusa ancora nelle sue rossicce mura medievali, in occasione dell'ultima guerra in Iraq, tirato fra pacifisti ed interventisti, fece una scelta salomonica: dichiarò di restare neutrale, di non schierarsi nè per la pace nè per la guerra. Alla gente che si cullava nel miracoloso benessere del nord-est, non parve vero: "Perchè pensarci. Quella guerra non è affar nostro". La neutralità, che sembrava una non-scelta, fu una grande scelta politica: "Nulla turbi il vostro quieto vivere, alla politica ci pensiamo noi!"
E che dire quando alle associazioni di volontariato viene espressamente chiesto di non prendere posizione: "Un'associazione non può schierarsi per l'uno o per l'altro, deve restare al di sopra delle parti. Chi fa del bene non deve schierarsi politicamente!". “Perchè - viene da rispondere - può schierarsi politicamente solo a chi fa del male o vuole restare amorfo?”
Sant'Ambrogio di Milano non ebbe esitazioni, quando l'imperatore Teodosio nel 390 massacrò settemila persone a Tessalonica. Ambrogio non aprì un'inchiesta, nè un dibattito con vari "distinguo". Con una lettera sdegnata costrinse l’imperatore a mesi di penitenza e ad una umiliante richiesta pubblica di perdono.
Non è concesso alle associazioni umanitarie di restare neutrali. Se si dichiarano "a-politiche", vuol dire che avvallano la politica ed i politici di turno e si assumono la corresponsabilità delle scelte. Non si può essere presenti nel mondo, nel proprio territorio, nel proprio settore operativo come meri samaritani che curano le piaghe provocate da altri, ignorandone le cause e gli attori. Prima che amorevoli samaritani, si deve essere sollecitatori di analisi critiche e promotori di azioni risolutive, che vanno a toccare la politica mondiale, la politica locale, la politica del proprio paese e l'opinione pubblica territoriale e mondiale. Disinteresse e pietismo sono decise scelte di schieramento politico, quello che avvalla e si accoda a chi genera l'ingiustizia. Nulla è isolato; tutto ci coinvolge. Di tutto siamo corresponsabili, seppure a volte non colpevoli. Diventiamo colpevoli quando ci disinteressiamo o quando ci limitiamo a curare le ferite.


Leopoldo Rebellato

1 commento:

Anonimo ha detto...

Io non posso darti molte indicazioni sul contenuto di questo articolo perchè sono completamente d'accordo con quello che dici. Penso che oggi sia più semplice trovare e affidarsi ad una fede religiosa che avere una solida posizione politica che rispecchi un profondo ideale. Tuttavia penso anche che ciò non sia dovuto solo alla pigrizia delle persone o alla loro indolenza o alla paura di prendere una posizione, quanto anche al modo di fare politica a cui i nostri "governanti" ci hanno abituati. Una politica che non chiede mai al cittadino cosa sarebbe meglio, una politica che non insegna neppure a chiedere e quindi una politica che ha innanzitutto dimenticato i diritti del cittadino, che ha rimosso il motivo per il quale essa stessa è stata istituita e cioè il dovere di tutelare il cittadino. E tutelare il cittadino e i suoi diritti vuol anche dire, prima di tutto, dargli la possibilità di comprendere e di poter intervenire, di non avere paura della politica stessa, e delle persone che la fanno. E' molto difficile avere una fede politica, e con fede intendo proprio fiducia. Chi fa del bene non può prendere posizione. Questa è un'altra cosa che non ho mai capito. Sembra che se hai una qualsiasi opinione politica tu debba per forza discriminare qualcuno nella tua attività. Che significa? Che se sono di sinistra non posso aiutare uno di destra e viceversa? A me sembra che il pregiudizio sia solamente di quelli che si pongono il problema. Non è affar mio se certe idee o certi ideali che si rispecchiano nel mio modo di agire per il bene e nel bene, appartengono più a una parte politica che ad un'altra, o meglio, non ci posso fare niente e certo non può farmi paura mettermi su quella posizione.

Irene