mercoledì 12 dicembre 2007

Riceviamo e pubblichiamo il seguente contributo al dibattito creatosi intorno al 'caso Cittadella’

Notarelle di un anziano cronista di Cittadella e dintorni.

Cittadella, 5 dicembre 2007

Nel 1938 quando vennero emanate le abominevoli leggi razziali, volute dal Duce e approvate dalla Real Casa Savoia, ci furono manifestazioni di giubilo in tutta Italia.
Così ora la pessima delibera comunale di stampo razzista, voluta dal sindaco e dalla sua giunta, viene salutata con feste e tripudi in tutto il lombardo-veneto.
La medesima aria di banale ferocia condivisa si diffonde epidemica tra i comuni padani dove ormai i primi cittadini fanno a gara a chi le spara più grosse.
La tentazione di diventare personaggi del circo mediatico, con conseguenti balzi di carriera politica, è troppo forte e a portata di mano.
Lo spettacolare sviluppo economico del Veneto è direttamente proporzionale al suo spaventoso arretramento culturale.
Non ci manca niente, a noi cittadellesi.
Abbiamo, in galera top manager della FinMec ed uno scandalo secondo solo a Parmalat, di cui però si parla poco.
Banditismo finanziario e terrorismo politico. Disperazione.
Abbiamo anche più di mille donatori di sangue, un numero imponente di associazioni di volontariato, un poeta come Bino Rebellato da ricordare e, a coronamento di una lunga e sofferta storia di emigrazione, il suo compagno di classe James Gobbo, presidente della suprema Corte di Giustizia nella lontana Australia.
Assordantemente silenziosi sono i ministri del culto.
L’articolo quinto: “Chi gà i schei gà vinto”, impera dominante.
Solo il denaro è parametro assoluto.
E spiega le ultime e, ahimé temo, future miserie.


Gianni Marchiorello, ex corrispondente del “Gazzettino” da Cittadella

1 commento:

Anonimo ha detto...

E' una spettacolarizzazione molto furba; non che sia particolarmente nuova come fondamento, ci hanno sempre addomesticati a panem et circenses che adesso sono rappresentati dai vari Grandi Fratelli e varietà in cui non serve sapere o saper fare: basta il caso. E il caso ti fa pensare che possa toccare prima o poi anche a te tanto quanto è toccato a quelli che vedi, perché non sono diversi da te, ed è un metodo infallibile per tenerci buoni e non farci mordere il freno.
Trovo la semplicità di noi veneti un grande pregio, penso ai racconti dei miei genitori e dei miei nonni, a quel "toco de pàn" che non si negava a nessuno perché conoscendo bene la fatica avevamo un'ospitalità molto umana. E', però, anche un difetto, perché è facile sfruttare questa semplicità con il secondo metodo per governare in pace.. la paura! Paura del diverso, del lontano, sono sempre gli altri i cattivi, anche nei telegiornali ("un ragazzo" o "un uomo" hanno compiuto il reato, se sono italiani; altrimenti sono "un rumeno" o "un cingalese": sono immigrati, non persone).
E i nostri rappresentanti, che hanno la nostra delega per guidarci, se ne approfittano per i loro personali teatrini.
In tutto questo, avrei voluto anch'io sentire il punto di vista della "carità cristiana", una parola da questa chiesa che in certi casi ha sempre troppo mal di gola.

Novella